sabato 8 giugno 2019

Red Hot Chili Peppers: "Californication" (1999)



(il disco completo si può ascoltare qui:https://www.youtube.com/playlist?list=OLAK5uy_kEbANGGtoT4n87DQ3ESZyh3l9LK5uWII0)




"Californication" è il disco del ritorno in grande stile dei Red Hot Chili Peppers dopo il flop di "One hot minute". È anche l'ultimo grande disco del gruppo, e l'ultimo ad avere una qualche rilevanza dal punto di vista di un critico musicale.

"Californication" è il disco che i Red Hot non avrebbero mai potuto fare senza "One hot minute". "One hot minute" (1995) seguiva il successo di "Blood Sugar Sex Magik", l'album che aveva dato la fama mainstream ai Red Hot nel momento giusto, quello in cui metal, rap e grunge erano tutti contemporaneamente tutti 'commerciali', vendevano un botto.

"Blood Sugar Sex Magik" era il "Black Album" della musica alternativa funk/crossover/punk, o qualunque cosa fosse quel mischione che facevano loro. Per i fan della prima ora era già un tradimento, c'erano smorfie di fastidio per "Under the Bridge" e l'umorismo surreale, pornolio ed eroinomane del gruppo non era più cool, non era più cult, non era più underground.

"One hot minute", da quel punto di vista, fu ancora peggio.

E questo nonostante Dave Navarro (ex-Jane's Addiction) che prendeva il posto alla chitarra di John Frusciante.

"One hot minute" generò un paio di hits come "Aeroplane" e "My friends" che nel 1995 suonavano allo stesso tempo mainstream e vecchie. Kurt Cobain era morto l'anno prima e il mondo alternative guardava l'Inghilterra, si divertiva col brit pop ed era pronto ai Radiohead. I Metallica uscivano con "Load", i Megadeth perdevano pezzi. Chi era addentro alle cose iniziava a sentire un'aria di smarrimento generale.

Nel 1999 era già tutto finito, il decennio era finito, l'alternative era finito e gli anni zero ci avrebbero regalato un mainstream di roba indie, perlopiù dimenticabile e dimenticata. La nostalgia del 1991 era già iniziata e poiché tutti dicevano che se "One hot minute" faceva schifo (e non lo faceva, schifo) era colpa di Dave Navarro, e poiché tutti dicevano che John Frusciante era fighissimo, la soluzione era riportare John Frusciante al posto di Dave Navarro e fare un "Blood Sugar Sex Magik parte II".

Se non ci fosse stato "One hot minute" e avessero fatto "Blood Sugar Sex Magik parte II" nel 1995, il tracollo del gruppo sarebbe avvenuto subito.

Invece il pubblico fu indulgente con "Californication", come non lo era stato con "One hot minute". Pubblico e critica furono indulgenti perché volevano fortemente che "Californication" fosse bello come i vecchi tempi. Fu un successo della nostalgia. Anche delle belle canzoni, ma anche della nostalgia.

Il disco, naturalmente, spacca.

"Around the world" e "Scar Tissue" sono quello che ci si aspetta da un disco nostalgico ben fatto, un adattamento al 1999 di quello che erano "Give it away" e "Under the bridge": il pezzo funk metal scemo, che avresti pogato nel 1991 e che balli nella discoteca mainstream nel 1999; e il pezzone struggente. "Scar Tissue" soprattutto strappa l'anima, perché "Under the Bridge" era struggente e non si supera, ma "Scar Tissue" è struggente e nostalgica e quindi si porta dentro anche l'anima di "Under the Bridge", di quelli che nel 1991 avevano 21 anni e nel 1999 stavano per compierne 30. O di quelli che ne avevano 11 e si erano persi i Red Hot originali, qualunque cosa 'originale' voglia dire per un gruppo che aveva perso metà musicisti tra overdose di eroina e crisi personali.

Frusciante, che come Kiedis era appena uscito da un nuovo giro di dipendenza da varie droghe, aveva detto che ritornando nel gruppo voleva meno funk e più 'mellow progressive rock'. Il basso fracassone di Flea sta così in primo piano più per ricordarci che sono i Red Hot che non per la sua funzionalità nel guidare le canzoni; e i ritmi di quel grande drummer che è Chad Smith sono costruiti con molta più misura. Così ha ragione Frusciante: c'è parecchia roba 'mellow', anche se non so se sia davvero 'progressive'; anche se non manca il funk, a dominare è il mellow, in un ribaltamento in negativo rispetto al vecchio "Blood Sugar", come se "One hot minute" fosse stato lo specchio che ha invertito la carriera dei Red Hot.

C'è roba buona, naturalmente: "Parallel Universe" (molto meglio di "Otherside"); l'assolo di "Get on top"; la title track, "Easily" e "Porcelain", sequenza magistrale di pezzi esaltanti. A chi piace, c'è anche il finale da hippy spinelloni con le chitarre sul mare davanti al fuoco di "Road trippin'".

Dopo "Californication", invece, ci sarà la riproposizione ossessiva delle sue tematiche e il successo monstre dei singoli di "By the way" e "Stadium Arcadium" e poi, finalmente, l'irrilevanza e la nuova sparizione di Frusciante.

Ma questa è un'altra storia.

- Red

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