giovedì 27 giugno 2019

King's X: "Gretchen goes to Nebraska" (1989)



(il disco completo può trovarsi qui:https://www.youtube.com/playlist?list=OLAK5uy_kf_fQy4BoLgqQ8kAtZ7O7pKZtP1GfYhZs)




King's X sono il classico gruppo di musicisti per musicisti. Esponenti di un hard originale e intelligente che non rinnega gli sviluppi del rock americano degli anni ottanta ma sa già anticipare certe tendenze del grunge e del neo prog, sono rimasti ai margini del successo senza riuscire mai a sfondare, nonostante l'apprezzamento di molti colleghi appena più giovani come gli Alice in Chains e i Pearl Jam.

Nel 1989 arriva il momento di "Gretchen goes to Nebraska", il secondo album del terzetto formato dadUg Pinnick Fan Page, bassista e straordinario cantante afroamericano; Ty Tabor, creativo e intelligente chitarrista-cantante; e Jerry Gaskill - King's X, batterista e cantante anch'egli.

Tutti e tre provengono da un retroterra cristiano e i temi religiosi emergono nei testi e nella continua, tormentata ricerca della pace spirituale del gruppo, che porterà Gaskill e Pinnick (che farà anche coming out come omosessuale nel 1998) a rifiutare l'identificazione col cristianesimo in favore di una spiritualità non allineata (mentre Tabor rimarrà a tutt'oggi vicino alla religione cristiana).

Su "Gretchen goes to Nebraska" però tutti e tre i musicisti si dichiarano ancora cristiani, e i temi religiosi infatti emergono con forza dalle liriche di questo concept album sui generis che si basa su una breve storia apologetica scritta da Gaskill su un viaggio di una ragazzina, tra Alice nel paese delle meraviglie e le cronache di Narnia, alla ricerca di Dio. Il titolo invece viene da un gioco fatto con i loro roadies, inventare i nomi più stupidi per un disco.

A guidare il suono del terzetto sta la voce strabordante di Pinnick, che si eleva su una concreta, potente base strumentale, tipica del power trio classico. Solide le linee di basso di Pinnick, brillante la batteria di Gaskill, che sa essere essenziale ("Over my head", tra funk e street metal) o elaborato ("Fall on me") a seconda dello stile di volta in volta più appropriato alla chitarra di Tabor.

Il chitarrista non di rado anticipa già certo grunge ("Summerland" già sembra contenere gli Alice in Chains degli EP semiacustici del 1991-1992, mentre "The Difference" è una ballata neo prog alla Neal Morse/Spock's Beard) oppure sfodera assoli magistrali ("Everybody knows a little bit of something", "I'll never be the same"). Se necessario, tutto il terzetto sa esibirsi in elaborate armonie vocali ("Out of the silent planet").

Sul finire dell'album spiccano pezzi coinvolgenti come "Pleiades", vero saliscendi emotivo da lasciare senza fiato, e come la post-beatlesiana "Send a message", con una delle migliori prove vocali di Pinnick sull'album e un ritornello irresistibile punteggiato dal ritmo caracollante e creativo di Gaskill.

"Gretchen goes to Nebraska" fu celebrato dalla critica e dai colleghi come un capolavoro. Di fatto la più grande forza del gruppo diventò il limite per il suo successo, e questa è davvero una grande ingiustizia. "Over my head" avrebbe potuto essere la chiave per sfondare su MTV, ma il loro collocamento a metà fra due mondi e due decenni ha richiamato molto rispetto ma non altrettanto amore.

Mostratene un po' voi a questi tre viaggiatori dello spirito, a questi esploratori elettrici dell'anima.

- Prog Fox

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