mercoledì 19 giugno 2019

Blue Oyster Cult: "Mirrors" (1979)


(il disco completo si può trovare qui: https://tinyurl.com/yaw4ofsf)

"Mirrors" è purtroppo il primo errore - chiamarlo fallimento è probabilmente eccessivo - dei Blue Oyster Cult, uno dei più grandi gruppi di hard rock degli anni settanta. La formazione newyorchese aveva realizzato cinque LP favolosi che si erano col tempo fatti sempre più melodici e barocchi, senza però perdere gli atteggiamenti sarcastici e graffianti delle origini, spesso conditi da una passione disincantata per il sovrannaturale e l'orrorifico.

In "Mirrors", il gruppo si fa ingolosire dal successo ottenuto da amici e amiche che avevano percorso una strada di alleggerimento del proprio suono e ottenuto strepitosi risultati di vendite, come Patti Smith con "Because the nigth", per esempio, ben lontano dai suoi esordi oscuri. Il principale errore, come abbiamo detto, di "Mirrors" è proprio che la produzione si fa più leggera e gli arrangiamenti meno innovativi, denotando una certa passeggera stanchezza.

A pagare è soprattutto la batteria di Albert Bouchard, che viene indebolita dalla produzione anche quando le partiture sono interessanti, mentre le tastiere hanno troppo spesso suoni semplicemente brutti. Il tutto non rende il disco pessimo né smaccatamente commerciale, ma sicuramente si percepisce un passo falso laddove i cinque album precedenti non avevano mollato un centimetro.

Tra i brani migliori, che pure avrebbero beneficiato di un suono più duro, stanno l'epica "The Great Sun Jester", scritta con l'autore di fantasy e fantascienza Michael Moorcock, e la ballata "In thee", scritta dal chitarrista-tastierista Allen Lanier per la fine della sua relazione con la sopracitata Patti Smith. Più a fuoco anche l'articolata "The Vigil" in più sezioni, per quanto tipico esempio di suoni di tastiera discutibili; e davvero buono soprattutto il finale con l'inaspettata sofisticazione tra jazz funk e hard rock di "Lonely Teardrops".

Nonostante la delusione al primo ascolto, "Mirrors" può stare senza infamia nelle collezioni degli amanti del Culto dell'Ostrica Blu. Fortunatamente il gruppo dimostrò che non aveva perso l'ispirazione e l'energia con i due album successivi, gli ultimi della formazione originale: "Cultosaurus Erectus" (1980) e "Fire of unknown origin" (1981).

- Prog Fox

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