martedì 25 giugno 2019

Alice Cooper: "Pretties for You" (1969)



(il disco completo si può ascoltare qui:https://www.youtube.com/playlist?list=OLAK5uy_mxAv5Mf685wV0-qWQxjbZDMJ-Q9nHAnkM)




Nel 1964 a Phoenix, Arizona, il sedicenne Vincent Furnier fonda una rock band con i compagni di scuola Glen Buxton (chitarra) e Dennis Dunaway (basso). A loro si aggiungono nel 1967 Neal Smith (batteria) e Michael Bruce (chitarra, piano). Furnier, figlio di un pastore cristiano evangelico, era nato e cresciuto a Detroit prima di trasferirsi in Arizona con la famiglia. Non avendo grande successo a Phoenix, il gruppo si trasferisce a Los Angeles, dove continua a non avere successo ma viene scoperto da Frank Zappa, che li mette sotto contratto per tre dischi. Il gruppo sono gli Alice Cooper, nome che dal 1975, quando i componenti si divideranno ognuno per la propria strada, indicherà legalmente solo il cantante Vincent Furnier.

Il primo dei tre LP della fase zappiana del complesso è questo ottimo "Pretties for You" (1969), disco di rock energico, creativo e irriverente, dal forte impatto visuale e narrativo, che combina esperimenti psichedelici alla Zappa con le prime idee di hard rock cerebrale che avranno enorme influenza su band come i Blue Oyster Cult. Altrettanto influenti le esplorazioni teatraleggianti e carnevalesche dei componenti, preludio alle future scenografie shock rock di Alice e al glam violento delle New York Dolls.

C'è da dire che "Pretties for you" non è particolarmente apprezzato, dai critici, dal pubblico medio e nemmeno dai fan della band. In genere possiamo dire che non lo si ascolta nemmeno, perché si dice che sia troppo strano e troppo poco rock.

Più precisamente, le motivazioni sono tre: 1) all'epoca Alice Cooper era il nome della band, e non solo il nome del cantante universalmente amato; 2) la band era prodotta da Frank Zappa, quindi si ha paura di trovarsi di fronte roba più da Zappa che da Alice Cooper; 3) si tratta del primo disco, risalente al preistorico 1969, e se molti possono trovare poco grintoso il suono dell'hard rock dei settanta, figuriamoci quello dei sessanta.

Tutte queste persone però sbagliano, perché il punto è che l'hard rock lo stanno inventando proprio Alice Cooper e soci. Costruendo il passaggio dal suono psichedelico all'hard/heavy anni settanta, loro così come i Deep Purple, i Led Zeppelin, i Black Sabbath, ognuno alla propria maniera.

Inoltre, il fatto che la band fosse un vero gruppo, con tutti i componenti a contribuire alla composizione, è un vantaggio e non un problema; e Frank Zappa era un rocker dotato di un perverso sense of humour, non era poi così lontano dalle sensibilità di Alice come si pensa.

Al di là di un superficiale impatto, non appena si iniziano a contestualizzare i valori di produzione del 1969, si vede quanto la band già agli esordi abbia le idee chiare in merito a ciò che è destinata a portare nel mondo del rock.

Quasi ogni brano trabocca di arrangiamenti gustosi rinforzati da contributi originali; le canzoni sono divise a metà fra sette pezzi rock psichedelici (non di rado elaborati e che contengono già in nuce i riff e le goliardate future) e sei brevi siparietti (che esplorano inaspettate atmosfere melodiche o sperimentali).

Queste ultime non appesantiscono l'LP ma gli infondono un po' di umorismo, follia o bizzarria, ma sempre entro il saggio limite di uno o due minuti al massimo.

Ai pezzi rock sospesi fra hard, psichedelia e sperimentazione freak appartengono il capolavoro "Fields of Regret" (con pazzesco duetto chitarristico di Buxton e Bruce), uno dei migliori brani dell'album; "Reflected", l'unico pezzo del disco che comparirà sempre nelle scalette della band, tosto e sarcastico già in classico stile Alice; "Swing low sweet cheerio", canzone sospesa fra psichedelia e interventi noise delle chitarre, cantata da Michael Bruce con Alice Cooper alla seconda voce; "Levity Ball", zeppa di influenze dei primi Pink Floyd; "Living", forse il brano più 'californiano' del gruppo, con echi di Byrds, Jefferson Airplane e financo Crosby/Stills/Nash.

Naturalmente il disco non è ancora perfetto, gli Alice Cooper non hanno ancora sviluppato compiutamente una voce propria (e faranno ancora più confusione nel successivo "Easy Action", prima di centrare l'obiettivo con "Love it to death"). "Pretties for you" però rimane un disco assolutamente da conoscere della loro discografia, e non solo come curiosità o perché è il loro disco di debutto.

Che poi, cribbio, Alice/Vincent suona anche l'armonica da paura.

- Prog Fox

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