lunedì 20 maggio 2019

Quintorigo: "Rospo" (1999)

Nel maggio di vent'anni fa veniva pubblicato "Rospo", primo disco ufficiale in studio dei Quintorigo, all'epoca con il loro primo cantante John De Leo. Il gruppo ci regala alcuni brani favolosi che imprezioniscono un disco che si attesta su un livello medio più che buono, aggiunta fondamentale a un già brillante decennio per il rock alternativo italiano.




(disco completo disponibile qui:https://www.youtube.com/playlist?list=OLAK5uy_mAxXnHhiaziuGml_vSbyyD70JzUXIKqUw)




Il mio personale giudizio sui Quintorigo sarà sempre influenzato da un compagno di corso con cui andai a vedere un loro concerto nel 2001. Studente di fisica e del conservatorio, egli non aveva un grande apprezzamento per il gruppo, in particolare per gli strumentisti della band, tutti diplomati al convservatorio, che considerava musicisti molto all'interno della media che avevano saputo reinventarsi come sperimentatori art pop perché non avevano le capacità per emergere nel mondo della classica o del jazz.

Difficile dire se il giudizio del mio amico purista, che all'epoca aveva 22 anni, fosse corretto e onesto, o dettato da fondamentalismo musicale, iconoclastia giovanile, o che altro, né so cosa penserebbe oggi che ci siamo persi di vista a rileggere le proprie parole in questa recensione. Di certo per me era impossibile ascoltare "Rospo" e trarne l'impressione che il gruppo romagnolo fosse meno che interessante e creativo.

I brani erano appunto art pop davvero anomalo per quegli anni, che pure venivano da un decennio di ottimo noise rock italiano. E beneficiavano della presenza di un cantante semplicemente straordinario senza alcun dubbio, John De Leo da Lugo di Romagna, che a vent'anni dalla morte di Demetrio Stratos ne ricordava la creatività virtuosistica quantomeno per l'uso dello yodel e per l'istrionica, eccessiva, proteiforme espressività vocale.

Il gruppo era sorto all'attenzione del pubblico al festival di Sanremo nel febbraio del 1999, presentando la traccia chiamata "Rospo", che su una base ossessiva di archi e fiati che ricordava vagamente certe partiture di Michael Nyman vedeva De Leo esibirsi in tutto il suo più ampio repertorio di bassi, alti, gracidii, urla, sarcasmo, passione.

Sulla stessa scia si collocava "Nero Vivo", il brano di maggior successo dell'album, un capolavoro di ossessione e claustrofobia in cui De Leo giocava al limite fra Kurt Cobain e Demetrio Stratos interpretando i teen spirits italiani per l'arrivo del nuovo millennio.

Il terzo capolavoro dell'album, a questo punto promosso senza indugio, amico jazzista del conservatorio o meno, era "Deux Heures de Soleil", divisa fra rumorismo e distorsioni vocali da un lato e straordinario lirismo immerso nelle armonie vocali celestali di De Leo dall'altro.

Il resto dell'album presentava alcuni momenti interessanti come "Kristo sì", "Tradimento" e "We want Bianchi" (con Roberto Gatto alla batteria swingante), e altri poco più che riempitivi, come "Zapping", "Sogni e bisogni" e "Momento Morto"; infine, conteneva la bellissima cover di "Heroes" di Bowie, pezzo che con una voce come quella di De Leo si realizza praticamente senza quasi sforzo.

Insomma, fu vera gloria? Sì, perché per quanto il disco non sia perfetto, è comunque un ottimo esordio, e di fatto i Quintorigo seppero declinare ancora una volta con originalità il rock alternativo italiano di quel decennio. Anche perché se invece degli strumenti classici, che comunque facevano la loro figura pur se paracula, ci fossero stati batteria e chitarre elettriche, le composizioni avrebbero retto all'urto e alla prova. E la voce di De Leo diede quel di più che serviva a imprimere definitivamente il marchio dei Quintorigo su quegli anni.

- Prog Fox

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