mercoledì 22 maggio 2019

Queen: "The Miracle" (1989)



(il disco completo si può trovare qui:https://www.youtube.com/playlist?list=PLZROkT1-_ZH6hsnDhxRu_s90qLvLay74-)




È poco prima delle incisioni di "The Miracle", o durante le stesse incisioni, che Freddie Mercury (vero nome Farouk Bulsara), cantante e pianista anglo-farsi dei rocker britannici Queen, annuncia ai suoi compagni di viaggio, il batterista Roger Taylor, il bassista John Deacon e il chitarrista Brian May, di essere sieropositivo (o forse già malato di AIDS). L'estrosa sessualità e l'esuberanza sociale di Mercury hanno avuto la meglio sulla sua salute, forse prima che i rischi legati alla nuova epidemia di fine secolo fossero diventati noti.

La band non si scompone e non si decompone, ma prende nota: non ci saranno tour, la salute di Mercury non può essere messa a rischio. Dopo l'album, May e Taylor si faranno le proprie band per sfogare le pulsioni dal vivo, mentre Deacon, il ragazzo tranquillo del gruppo, si dedicherà alla moglie e ai cinque figli.

Ma intanto c'è un disco da comporre e incidere. Erano emersi dei problemi durante il lavoro agli ultimi due album in studio, "The Works" (1984) e "A kind of magic" (1986): una delle cause fu riscontrata nel fatto che il compositore primario di una canzone non voleva venisse cambiata troppo - o perché l'autore era più rigido sulla sua opera rispetto al passato, o perché il resto del gruppo aveva iniziato a fare troppe pressioni e voler mettere mano più di prima ai pezzi degli altri.

Però, pensarono i Queen, "One Vision" e "Under Pressure", due delle pochissime composizioni fino ad allora firmate da tutti i membri della band, erano risultate essere tra le migliori degli ultimi anni. Quindi l'idea fu che tutti i pezzi dell'album sarebbero stati firmati da tutti e quattro, indipendentemente da quanto ognuno avesse partecipato alla stesura di testo, accordi e arrangiamenti, per liberare energie creative e dare a tutti la possibilità di pastrocchiare con le cose scritte da chiunque altro.

Che il merito sia di questa idea o della semplice, rodata alchimia fra i membri della band, "The Miracle" prosegue il buono stato di forma del complesso, ormai perfettamente ripresosi dalle incertezze di inizio decennio. "The Miracle" infatti contiene almeno un paio di capolavori assoluti del gruppo: il brano fantastico che da il titolo all'album, ulteriore evoluzione in complessità e ispirazione di certe sonorità che già trovavamo in "A kind of magic" (sì, "Friends will be friends", sto parlando con te); e l'hard rock viscerale di "I want it all", concepito da May come una sequenza di variazioni sulla stessa progressione di accordi per introduzione, strofa, ritornello e assolo - e che avrebbe completato la redenzione del gruppo dal disastro di Sun City diventando uno degli inni di protesta dei giovani neri sudafricani in chiave anti-apartheid.

Il resto del disco rimane una parentesi interlocutoria nel percorso che porta il gruppo da "A kind of magic" (1986) a "Innuendo" (1991), con pezzi giustapposti in maniera completamente casuale quasi solo per ricordare a tutti quanto fosse impossibile classificare questi quattro musicisti, e che in questo senso le cose non erano poi cambiate molto dai tempi di "A Night at the Opera" (1975).

Come può un gruppo che incide la demenziale "Party" struggersi poi nel dolore esistenziale di "Scandal" (in cui un pazzesco Mercury fa le prove per l'esibizione finale di "Show must go on" due anni dopo)? Come ci si può perdere dietro al dance pop di "Invisible Man" e poi realizzare un classic rock da classifica come "Breakthru"? Per non parlare di due pezzi scandalosamente lasciati fuori dal disco e confinati alle versioni da CD o alle B-sides dei singoli come la scanzonata, irresistibile "Stealin'" (https://www.youtube.com/watch?v=8x5Llvm5hr4) e la romantica, appena appena malinconica "My life has been saved" (https://www.youtube.com/watch?v=tu6Y7qx4OWY), forse prima avvisaglia della consapevolezza dolorosa di quel male che si sarebbe portato via il loro cantante.

E chi diavolo potrebbe avere l'idea di prendere una canzone come "Was it all worth it", già ipertrofica e densa al punto da saturare il cervello dell'ascoltatore, tra cori, assoli di chitarra, sovraincisioni continue, prendere una canzone come questa, dicevamo, e poi infilarci anche suoni orchestrali, campionamenti di archi e percussioni sinfoniche?

Solo i Queen. Prendere o lasciare.

- Prog Fox

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