domenica 12 maggio 2019

Muddy Waters: "After the Rain" (1969)

Il 12 maggio di cinquant'anni fa usciva "After the Rain", stupendo album blues del precursore Muddy Waters. Quando esce, Waters ha 56 anni. Con la stessa formazione dello psichedelico "Electric Mud", suggeritogli dal discografico Marshall Chess, Muddy vi aggiunge la propria slide guitar e il proprio pianista Otis Spann per un lavoro ancora più personale e riuscito.



(disco completo qui: https://www.youtube.com/playlist?list=OLAK5uy_mBG6k_xNuDzFJ1lOe7iZ1CLlw5d8AfPX0)




Quando Muddy Waters, pseudonimo del leggendario cantante, chitarrista e autore blues McKinley Morganfield, si prepara a incidere "After the Rain" nel gennaio del 1969, la sua carriera è da poco giunta a una svolta interessante. Nato il 4 aprile del 1913, Muddy aveva, pochi mesi prima, all'età diquasi 56 anni, inciso un disco strabiliante come "Electric Mud", in cui aveva deciso di accettare la sfida del grande discografico Marshall Chess, capo della prestigiosa etichetta blues e r&b Chess Records, e confrontarsi con un gruppo di musicisti giovani, esponenti di un suono blues più moderno, più psichedelico.

Marshall Chess e l'organista e arrangiatore Charles Stepney avevano imboccato la strada del soul psichedelico con il supporto a una band diretta da Stepney, i Rotary Connection, fra i quali spiccavano la cantante Minnie Riperton e il batterista Maurice White (futuro leader degli Earth Wind & Fire). Ma costoro erano tutti giovani nati con le nuove sonorità, una affinità culturale e generazionale con i gruppi di rock psichedelico e una volontà di spaccare il mondo come c'era in quegli anni. Muddy Waters aveva appunto 56 anni e il suo pubblico erano puristi del blues americano e appassionati oltreoceano, soprattutto nel Regno Unito, moltissimi proprio fra i musicisti che avevano inventato il rock inglese come i Rolling Stones, che avevano preso il nome da una sua canzone.

Muddy Waters si avvicinò al progetto "Electric Mud" con cautela. Voleva conoscere i suoi nuovi musicisti e studiare con loro, ma questo significava, con immensa umiltà, soprattutto ascoltare. Waters mise la chitarra nella custodia per tutta la durata delle sessioni e dopo avere lavorato alla scelta del materiale, in parte composto da autori interni alla Chess appositamente, in parte classici composti da lui e dal suo amico e collaboratore Willie Dixon, e in un caso "Let's spend the night together" degli Stones, ritenne che il suo ruolo si sarebbe limitato a quello di cantante dei pezzi così costruiti.

Il successo dell'album fu enorme - relativamente ai numeri usuali di Waters, e relativamente alla sua età - soprattutto fra la generazione degli amanti del rock, e soprattutto nel Regno Unito. Fu talmente grande che Waters e Chess valutarono l'operazione come un successo sia artistico che commerciale, e decisero di darle un seguito. Questa volta, però, Waters conosceva i musicisti, si era impadronito del sound, e ci aveva meditato sopra. Si presentò così in studio con la propria chitarra elettrica, la slide, quattro nuove composizioni proprie, due suoi collaboratori - il pianista Otis Spann e l'armonicista Paul Oscher - e la determinazione a prendere il comando delle operazioni.

Il risultato è questo "After the Rain", uno dei dischi più belli dell'intera carriera di Muddy Waters, quello più moderno e forse l'ultimo suo grande capolavoro, che si apre con un nuovo pezzo scritto dall'amico Willie Dixon per lui, intitolato giustamente "I am the blues" e interpretato e diretto con tutto il pathos, il sarcasmo e l'energia del bluesman.

Dal gruppo di musicisti di "Electric Mud", Waters tiene quasi tutti: in primis l'organista e arrangiatore Charles Stepney di cui si è parlato sopra, i chitarristi Pete Cosey (dei già citati Rotary Connection, e futura spalla di Miles Davis) e Phil Upchurch (sessionman ufficiale della Chess), il batterista Morris Jennings (anche lui sessionman della Chess), il bassista e trombonista Louis Satterfield (futuro Earth Wind & Fire). Waters si ritaglia il ruolo di protagonista alla slide in quattro brani, come la perfetta "Honey Bee".

Negli altri quattro pezzi, Waters lascia campo libero alle chitarre di Upchurch e soprattutto Cosey, solista fortemente influenzato dal jazz e da Jimi Hendrix. Cosey racconta che quando arrivò in studio per la prima seduta di registrazione, Waters lo accogliesse con un abbraccio dicendogli 'Hey, how you doing, boy, play some of that stuff you played on the last album'. La sua presenza non sarà meno dirompente in questo disco, con la sua prova in "Bottom of the Sea" che ne rappresenta uno dei vertici, nobilitato anche dalla ritmica stupefacente e creativa del batterista Jennings (un altro esempio superbo della sua tecnica si trova nella conclusiva "Screamin' and cryin'").

Il disco vede Waters in totale e carismatica leadership della sua band, e risulta un successo artistico pieno. Purtroppo negli Stati Uniti la comunità tradizionalista blues ha cominciato ad attaccare il nuovo corso di Waters, che continua a trovare apprezzamenti soprattutto nel Regno Unito. Waters limitò quindi il proprio sperimentalismo e la propria modernità nel suo successivo disco, "Fathers and Sons" (inciso nell'aprile del 1969, ancora una volta con musicisti delle generazioni più giovani), per strizzare l'occhio ai puristi. Naturalmente, non fu un ritorno totale al suono di una volta, ma Waters non avrebbe mai più inciso un disco così potente e geniale per il resto della sua carriera, chiusa nel 1983 dalla sua improvvida morte per infarto a 70 anni.

- Prog Fox

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