(il disco completo si può ascoltare qui:https://www.youtube.com/
Nel 1978, Loredana Bertè incide e pubblica come singolo la superba canzone "Dedicato", grintosa composizione rock firmata da Ivano Fossati, che diventa il suo più grande trionfo commerciale fino a quel momento. Inizia così una riflessione sul suo futuro artistico che la porta a una sequenza di dischi strepitosi; riflessione che parte dal parterre di musicisti con cui intende lavorare.
Su "Dedicato" avevano suonato Ivano Fossati alla chitarra, Gianni Dall'Aglio alla batteria, Bob Calleroal basso e Stefano Pulga alle tastiere. E come molti artisti solisti in quegli anni, la cantante valuta correttamente la necessità di mettere in piedi una squadra permanente che le consenta di esprimersi al meglio in tour e in studio.
Il gruppo viene costruito con l'aiuto di Fossati: innanzitutto Loredana assume Pulga & Callero dalle sessioni di registrazione di "Dedicato"; poi recluta il chitarrista Mario Lavezzi anche nel ruolo di produttore del futuro album, e i batteristi-percussionisti Walter Martino e Walter Calloni.
Il gruppo viene chiamato Bandabertè ed è questa formazione di base che la accompagna nella realizzazione del successivo disco omonimo, inciso ad aprile e pubblicato a maggio del 1979, e che contiene anche la già citata "Dedicato".
Non mancano ospiti come i bassisti Julius Farmer bass player e Massimo Spinosa, il chitarrista Claudio Bazzari, il sassofonista Giorgio Baiocco e Gaetano Leandri al sintetizzatore, oltre che Lalla Francia, Eloisa Francia e Arturo Zitelli alle voci.
Il disco si apre con uno dei capolavori della Bertè, il reggae in salsa italiana "E la luna bussò", testo di Avogadro & Pace per la musica proprio di Mario Lavezzi, con una prova magistrale alle percussioni dei due Walter, capaci di far impallidire (ahah) persino la sezione ritmica di Bob Marley.
Gli stessi autori firmano anche la successiva, grintosa e notevolissima "Robin Hood" - per una sequenza uno-due da ko che predispone già al meglio l'umore dell'ascoltatore per il prosieguo del disco. Prosieguo che non delude mai: infatti non c'è nemmeno un brano da scartare o trascurare in questo album.
Più che discrete anche "Peccati trasparenti", la composizione di Alberto Radius "Folle città", quadro di schizofrenia urbana, mentre Ivan Graziani scrive con il paroliere Attilio De Rosa la stupenda "Colombo", nel suo grintoso stile di quegli anni, donando una nuova sfaccettatura di sarcastico surrealismo alla esuberante cantante calabrese. "Agguato a Casablanca" è un altro dei punti forti del disco, trascinato dal basso strepitoso di Julius Farmer, con un testo splendido di Oscar Avogadro (che firma buona parte delle liriche di "Bandabertè").
Dal repertorio di Battisti-Mogol, la Bertè sceglie "Prendi fra le mani la testa" (originale del 1967 di Riki Maiocchi e ripresa da Lucio in "Il nostro caro angelo"), trasformato in un reggae minaccioso, e "Macchina del Tempo" (da "Anima Latina"), particolarmente efficace grazie al piano elettrico di Pulga e alla batteria di Calloni - nonostante il suo testo rimanga un filo inquietante, a distanza di tanti anni, vista la fine tragica della sorella.
Concluso con rammarico l'ascolto dell'album, e con già il desiderio di rimetterlo sul giradischi, dobbiamo dire che siamo di fronte a uno dei più bei dischi di rock al femminile italiano degli anni Settanta; album che consacra la Bertè e forse resta l'insuperato vertice artistico della sua lunga carriera - sempre che non gli preferiate "Made in Italy", realizzato un paio d'anni dopo con Ivano Fossati.
- Prog Fox
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