mercoledì 3 aprile 2019

Crosby, Stills & Nash: "Crosby, Stills & Nash" (1969)



L'idea di lavorare insieme viene agli americani David Crosby (ex-Byrds) e Stephen Stills (ex-Buffalo Springfield) e all'inglese Graham Nash (ex-Hollies) quasi per caso. A un party nel luglio del 1968, mentre gli inglesi Hollies sono in tour in America, Nash chiede di poter provare una terza voce per una canzone che Stills e Crosby stavano suonando insieme, "You Don't Have To Cry". Pare sia venutauna favola.

Nash, frustrato dall'eccessiva cautela pop degli Hollies, decide poco dopo di lasciarli e di lavorare con i due cantautori americani invece. Per evitare che qualcuno possa cacciarli dal nuovo gruppo o proseguire senza di loro - come successo alle loro band precedenti - decidono di chiamarsi semplicemente con i loro cognomi. E infatti qualche anno dopo Crosby e Nash proseguirono come Crosby & Nash. So much for good ideas.

Il 3 aprile del 1969 il disco di debutto del trio, chiamato semplicemente "Crosby, Stills & Nash", è completato; verrà pubblicato il 29 maggio successivo e sarà un grande successo. Stills suona tutto tranne un po' di chitarra acustica e, in alcune canzoni, lascia bacchette e batteria in mano all'amico Dallas Taylor.

L'album si apre con la gemma di "Suite: Judy Blue Eyes", bella canzone multi-parti con complesse armonie vocali, dedicata da Stephen Stills alla sua fiamma Judy Collins che lo sta lasciando dopo un amore tormentato.

È la prima di molte canzoni notevoli: il folk country pop di "Marrakesh Express"; "Guinnevere" e "Wooden Ships", nel solito stile di Crosby, ovvero voci su accordi tirati all'inverosimile con melodie flebilissime, quasi impercettibili; "Lady of the Island"; "Helplessly Hoping"; "Long Time Gone".

Il disco è un punto di svolta del rock - forse non nel senso che i suoi stessi autori avevano auspicato. Un bellissimo ma in fondo non del tutto riuscito tentativo di coniugare i Byrds del primo periodo con i Jefferson Airplane in versione semiacustica, resta interessante soprattutto per la presenza in gran forma di Stephen Stills, chitarrista di grandissimo gusto, e per la natura ancora grezza, quasi lo-fi before its time, del materiale, che ne beneficia tantissimo.

I cori del trio, quando verranno leccati e ripuliti, diverranno infatti una malattia contagiosa di tutto il movimento del rock californiano, non diversamente dalla musica di tanti campioni della controcultura di quegli anni come i Jefferson Airplane o dei pionieri del ritorno alle radici come i Poco. Per fortuna, però, prima di degenerare in certe direzioni, ci hanno regalato dischi come questo.

Al quale seguirà un nuovo album, questa volta costruito con una vera band, che comprende l'amico batterista Dallas Taylor, il bassista Greg Reeves e, soprattutto, un altro chitarrista-compositore-cantante: il canadese Neil Young.

Ma questa è un'altra storia.

- Red

Nessun commento:

Posta un commento

ARTISTI IN ORDINE ALFABETICO:   #  --  A  --  B  --  C  --  D  --  E  --  F  --  G  --  H  --  I  --  J  --  K  --  L  --  M  --  N  --  ...