giovedì 28 marzo 2019

Procol Harum: "A salty dog" (1969)



(disco qui: https://www.youtube.com/playlist?list=OLAK5uy_l3t2WVUunz7ONOGRFMEHG6W8s0u7u4dGY)

"A Salty Dog" è il terzo disco degli inglesi Procol Harum, un gruppo la cui determinazione ha permesso di non sparire fagocitati come altri one-hit wonder e ricavarsi un posto di tutto rispetto fra gli amanti del pop psichedelico anni '60 e del progressive rock.

Le fortune commerciali del gruppo erano già tramontate. Dopo il #1 in classifica con il loro esordio, il singolo "A whiter shade of pale" (serio candidato come prima canzone progressive della storia del rock, maggio 1967), e il #6 con il suo seguito "Homburg" (qui in Italia interpretato come "l'ora dell'amore"), i primi due album del gruppo precipitarono in fondo alle classifiche senza lasciare quasi traccia, nonostante il disco d'esordio (l'omonimo "Procol Harum") fosse sensazionale e il secondo album ("Shine on brightly") fosse un altro esempio creativo e innovativo di rock romantico e psichedelico dalle influenze classiche.

Nel 1969 le tensioni stanno montando all'interno del gruppo: il chitarrista Robin Trower e l'organista Matthew Fisher richiedono più spazio a scapito del pianista (e straordinaria voce blue-eyed soul) Gary Brooker, che aveva dominato le composizioni della band. Brooker lascia campo libero ai colleghi, su dieci pezzi, sei sono cantati da Brooker, uno da Trower e tre da Fisher, questi addirittura viene promosso al rango di produttore. Completano la formazione il fantastico batterista Barrie J. Wilson e il bassista Dave Knights.

"A Salty Dog" prosegue l'evoluzione del suono del gruppo verso un progressive rock moderno, e si colloca così in quell'ampia fascia di dischi dell'epoca i cui esiti creativi tenderanno tutti all'imbuto e maelstrom che sarà rappresentato da "In the court of the crimson king" dei King Crimson (agosto 1969).

Il disco, a evidente tema nautico, come si evince da titoli e copertina, si apre con il capolavoro che da il titolo all'album, e l'unica canzone che ancora se ne sente occasionalmente in qualche radio che passa rock classico. Il tono solenne, maestoso della composizione, rafforzato dall'orchestra arrangiata da Brooker, vede protagonista la voce del cantante e in ruolo di primo piano la batteria creativa dell'immenso Wilson, musicista dal tocco assolutamente personale e unico.

Brani più rock sono "The Milk of Human Kindness" e "The devil came from Kansas", sui quali è la chitarra elettrica di Trower a spiccare; Trower stesso esprime il proprio amore per il blues scrivendo "Juicy John Pink" e cantando "Crucifiction Lane", uno dei tanti testo anti-cristiani del poeta Keith Reid, autore di tutte le liriche, col quale la band collabora dal proprio esordio.

Brooker e Fisher contribuiscono invece con i pezzi più romantici e struggenti: la dolcissima "Too much between us", l'epos del naufragio "Wreck of the Hesperus", il tour de force vocale di Brooker "All this and more", forse il pezzo migliore dell'album assieme alla dolorosa, autocommiserativa chiusura di "Pilgrims progress". Completa il disco la simpatica feel-good song "Boredom".

"A Salty Dog" è il terzo successo artistico della band e un altro mattone importantissimo verso il compiuto sviluppo del suono progressive anni '70. Ciò nonostante, la band si sfalderà davanti ai modesti risultati di vendita: Fisher e Knights lasceranno, aprendo la strada a un periodo di profonda incertezza che non mancherà di produrre, però, un vero e proprio capolavoro: "Home" (1970).

- Prog Fox

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