Il 5 marzo del 1969 viene pubblicato il primo disco omonimo di un autore già famoso come compositore per altri, e destinato a cambiare il futuro del pop italiano nel trentennio successivo. Parliamo di Lucio Battisti.
Nel
momento in cui esce il suo primo disco eponimo, Lucio Battisti ha già
scritto (con Mogol, ovviamente) alcune grandi hit della canzone
italiana, subappaltando l’interpretazione di alcune di esse ad altri
artisti e cantandone altri. Il mastodontico successo commerciale della
coppia è prossimo a venire, e con esso un impatto indelebile sulla
musica “leggera” italiana. Se oggi canzoni come “29 settembre”
e “Non è Francesca” sono talmente note da essere dei veri e propri
cliché entrati nel linguaggio comune, all’epoca l’influenza di generi
come beat, soul e psichedelia sul pop del Bel Paese era come minimo
limitata, e certamente non bene assimilata.
Tutto cambierà
grazie al lavoro di Lucio, già a partire da questo esordio:
“Un’avventura” porterà i suoni soul direttamente a Sanremo, e sarà solo
il primissimo esempio di contaminazione della musica nera nel
catalogo del nostro; le già citate “29 settembre” e “Non è Francesca”
rivelano l’influenza dei Beatles più psichedelici, con suoni lavorati in
studio, registrazioni anticonvenzionali e le prime sperimentazioni sul
formato della canzone (“29 settembre”, per dire, è orecchiabile fino
all’ipnosi, ma come distinguere il suo testo tra strofa e ritornello
propriamente detti?). L’influenza brit si sente anche in “La mia canzone
per Maria”, in territori Kinks, mentre “Il vento” è un blues
“americano” dalla melodia molto orecchiabile. Le re-interpretazioni
di canzoni precedentemente incise da altre ci sono il beat di “Nel
cuore, nell’anima”, sempre degli Equipe84, e “Nel sole, nel vento, nel
sorriso, nel pianto” dei Ribelli di Demetrio Stratos (affascinante
l’ascolto comparato, con la versione di Battisti che sconvolge quella di
Stratos, se non altro per via delle differenze tra le due voci).
Il lavoro di Mogol ai testi è distante, per qualità media, dalle vette
che raggiungerà quando l’affiatamento tra i due sarà a pieno regime, ma a
“29 settembre” (che, avrete capito, può essere considerata
l’highlight del disco secondo l’opinione di chi scrive) si aggiunge il
lirismo di “Io vivrò senza te” (“nel mio silenzio anche un sorriso può
fare rumore”), il sarcasmo di “per una lira”, la sensualità di “Balla
LInda” e i prodromi dei temi ecologisti ed obliquamente anti-autoritari
(che la coppia tratterà approfonditamente più avanti) in “Uno in più”.
Quella del duo più importante della musica italiana del ventesimo
secolo è una storia che parte piano, con singoli scritti per altri e un
album-raccolta che oggi ha valore inestimabile come oggetto di studio,
pur suonando probabilmente un po’ vecchio per chi non ama gli anni ’60.
Ma, oh, c’è “29 settembre” cantata da Battisti e il resto non è certo
male, tanto vale togliersi il pensiero e ascoltarlo due o tre volte,
foss’anche solo per completismo.
- Spartaco Ughi
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