martedì 5 marzo 2019

Lucio Battisti: "Lucio Battisti" (1969)

Il 5 marzo del 1969 viene pubblicato il primo disco omonimo di un autore già famoso come compositore per altri, e destinato a cambiare il futuro del pop italiano nel trentennio successivo. Parliamo di Lucio Battisti.



Nel momento in cui esce il suo primo disco eponimo, Lucio Battisti ha già scritto (con Mogol, ovviamente) alcune grandi hit della canzone italiana, subappaltando l’interpretazione di alcune di esse ad altri artisti e cantandone altri. Il mastodontico successo commerciale della coppia è prossimo a venire, e con esso un impatto indelebile sulla musica “leggera” italiana. Se oggi canzoni come “29 settembre” e “Non è Francesca” sono talmente note da essere dei veri e propri cliché entrati nel linguaggio comune, all’epoca l’influenza di generi come beat, soul e psichedelia sul pop del Bel Paese era come minimo limitata, e certamente non bene assimilata.

Tutto cambierà grazie al lavoro di Lucio, già a partire da questo esordio: “Un’avventura” porterà i suoni soul direttamente a Sanremo, e sarà solo il primissimo esempio di contaminazione della musica nera nel catalogo del nostro; le già citate “29 settembre” e “Non è Francesca” rivelano l’influenza dei Beatles più psichedelici, con suoni lavorati in studio, registrazioni anticonvenzionali e le prime sperimentazioni sul formato della canzone (“29 settembre”, per dire, è orecchiabile fino all’ipnosi, ma come distinguere il suo testo tra strofa e ritornello propriamente detti?). L’influenza brit si sente anche in “La mia canzone per Maria”, in territori Kinks, mentre “Il vento” è un blues “americano” dalla melodia molto orecchiabile. Le re-interpretazioni di canzoni precedentemente incise da altre ci sono il beat di “Nel cuore, nell’anima”, sempre degli Equipe84, e “Nel sole, nel vento, nel sorriso, nel pianto” dei Ribelli di Demetrio Stratos (affascinante l’ascolto comparato, con la versione di Battisti che sconvolge quella di Stratos, se non altro per via delle differenze tra le due voci). 


Il lavoro di Mogol ai testi è distante, per qualità media, dalle vette che raggiungerà quando l’affiatamento tra i due sarà a pieno regime, ma a “29 settembre” (che, avrete capito, può essere considerata l’highlight del disco secondo l’opinione di chi scrive) si aggiunge il lirismo di “Io vivrò senza te” (“nel mio silenzio anche un sorriso può fare rumore”), il sarcasmo di “per una lira”, la sensualità di “Balla LInda” e i prodromi dei temi ecologisti ed obliquamente anti-autoritari (che la coppia tratterà approfonditamente più avanti) in “Uno in più”. 


Quella del duo più importante della musica italiana del ventesimo secolo è una storia che parte piano, con singoli scritti per altri e un album-raccolta che oggi ha valore inestimabile come oggetto di studio, pur suonando probabilmente un po’ vecchio per chi non ama gli anni ’60. Ma, oh, c’è “29 settembre” cantata da Battisti e il resto non è certo male, tanto vale togliersi il pensiero e ascoltarlo due o tre volte, foss’anche solo per completismo.

- Spartaco Ughi

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