mercoledì 6 marzo 2019

Captain Beefheart & His Magic Band: "Trout Mask Replica" (1969)

Nel marzo di cinquant'anni fa veniva completato uno dei dischi più bizzarri e radicali della storia del rock: "Trout Mask Replica" di Captain Beefheart & His Magic Band. Il doppio album, prodotto dall'amico Frank Zappa, resta a tutt'oggi una delle più grandi dichiarazioni di libertà in musica, e un ascolto affascinante per cuori coraggiosi.



(si può ascoltare il disco completo qui: https://www.youtube.com/watch?v=7zdLfPN6F-o)

"Trout Mask Replica" è il quarto album di Captain Beefheart & His Magic Band, e ne rappresenta il culmine assoluto della poetica musicale e della carriera.

Quando fu pubblicato, questo doppio album era probabilmente l'opera rock più idiosincratica del decennio. Appassionato di blues e free jazz e attento ascoltatore del panorama musicale hippie e freak attorno a lui, in primis dell'amico e rivale Frank Zappa, Don Van Vliet (alias Beefheart) concepisce un disco di rottura come non ne erano stati ancora concepiti nel rock, anche se Zappa e Hendrix di certo ne avevano realizzati almeno un paio altrettanto radicali.

L'idea fondamentale alla base del disco è di caricarlo in modo ossessivo di 1) poliritmi; 2) polifonie, secondo l'insegnamento del compositore americano Charles Ives idolatrato anche da Zappa; 3) assoli free, ispirandosi, pur a un livello tecnico più modesto, alle idee di jazzisti quali Coltrane, Coleman, Ayler, Taylor. E tutto questo mantenendo alla base una struttura di canzone che si nutre soprattutto di garage blues e di rock psichedelico da fricchettoni californiani.

Il risultato è estremamente radicale, bizzarro, dissonante, ma non del tutto antimelodico, cacofonico ma mai violento, anzi, spesso fortemente umoristico, di un umorismo che si nutre anche di dada e surrealismo. Un risultato che è tanto più notevole se si pensa che ogni singolo passaggio musicale è stato composto, provato e riprovato: le varie melodie e parti venivano elaborate da Van Vliet al piano, trascritte da John French in notazione musicale, arrangiate e riassemblate dai musicisti, sottoposte al consenso del Capitano che dava loro la forma definitiva.

A fianco del Capitano Cuordimanzo, voce solista, sax tenore e soprano, piccolo oboe, clarinetto basso e corno, stanno strepitosi musicisti nascosti da nomi ridicoli: The Mascara Snake (il cugino Victor Hayden, clarinetto basso e voce); Drumbo (John French, batteria); alle chitarre Antennae Jimmy Semens (Jeff Cotton, anche seconda voce) e Zoot Horn Rollo (Bill Harkleroad); al basso Rockette Morton (Mark Boston). E non va trascurato l'apporto di Frank Zappa, che si offre di produrre il lavoro dell'amico lasciandogli completo controllo creativo.

Questa totale libertà artistica si tradusse anche in notevoli bizzarrie comportamentali. Non è difficile immaginare in che modo un gruppo di freak lanciati nell'obiettivo di realizzare il disco più libero mai concepito, con l'approvazione incondizionata di Frank Zappa, potessero ridursi. Storie e leggende su cosa successe tra 1968 e 1969 quando il gruppo lavorò agli arrangiamenti del materiale composto da Van Vliet abbondano: mesi passati a vivere insieme in povertà, in una casetta di legno con poco cibo, punizioni corporali inflitte dal cantante e leader, musicisti in lacrime sul pavimento, membri del gruppo arrestati per taccheggio di cibo nei supermercati, paranoie varie di Van Vliet. Zappa rispose a questi comportamenti con serafica pazienza: "the best thing for me to do was to keep my mouth shut as much as possible and just let him do whatever he wanted to do whether I thought it was wrong or not".

I pezzi magistrali abbondano: "Frownland" apre il disco sbattendoci subito in faccia atonalità, dissonanza, poliritmia, ma possiede già anche quel senso melodico che tiene insieme il tutto; la drammatica "Dachau Blues" è dedicata ai morti nei campi di concentramento e sterminio nazisti e vede Van Vliet impegnato nella sua voce blues più bassa; "Ella Guru" è una canzonetta tutta storta dal ritornello demenziale;"Moonlight on Vermont" è una parodia dissonante del folk blues e del bluegrass e una delle canzoni migliori della carriera di Beefheart; la magitrale "Hair Pie: Bake 1" è una ululante sinfonia per fiati free che poi si trasforma nel più scalcagnato e poliritmico pezzo di prog rock mai sentito; "Dali's Car" è un ridicolo duetto per chitarre dissonanti; "Pena" è uno scatenato scontro fra le voci di Jeff Cotton e Don Van Vliet; c'è l'accattivante psichedelia quasi-beat di "Sugar 'n Spikes"; "Hobo Chang-Ba" è una geniale parodia dello spiritualismo hippie con percussioni tribali; "The Blimp" vede Cotton cantare una delle poesie assurde di Beefheart al telefono su una base musicale suonata dalle Mothers di Zappa; "Steal Softly thru Snow" è una delle poesie più commoventi di Van Vliet, fatta a pezzi da una musica minacciosa e radicale; "Veteran's Day Poppy" chiude l'album magistralmente con un'altra poliritmica coda atmosferica.

Incalcolabile il numero di musicisti influenzati da questo disco: da Tom Waits a Kevin Coyne, dai Pere Ubu a Johnny Rotten, dai Residents a Jeff Buckley, da John Frusciante a Steve Vai, dai Primus ai Don Caballero e agli Upsilon Acrux.

Certo, il disco non è perfetto, qualche traccia di troppo in un disco di 78 minuti c'è sempre ("Orange Claw Hammer"). Ma l'aspetto più importante e rivoluzionario dell'album è l'assoluta libertà con cui è stato realizzato, dalla deliberata volontà di sfondare ogni regola e paletto e seguire la folle visione di Van Vliet. Naturalmente questo non sarebbe potuto succedere senza l'apporto dei musicisti, in primis John French. Ciò non toglie che il catalizzatore di questa opera geniale rimane Don Van Vliet, e che l'uomo-trota in copertina resta il protagonista di uno dei dischi più importanti del secondo Novecento rock.

- Prog Fox

Nessun commento:

Posta un commento

ARTISTI IN ORDINE ALFABETICO:   #  --  A  --  B  --  C  --  D  --  E  --  F  --  G  --  H  --  I  --  J  --  K  --  L  --  M  --  N  --  ...