(doppio LP completo disponibile qui: https://www.youtube.com/
Nel 1988 gli XTC sono una band di culto che ha venduto bene soprattutto in America con “Skylarking” (1986) e che ha approfondito il proprio alter ego psichedelico Dukes of Stratosphere sull’album “Psonic Psunspot” (1987). È giunto così il momento di fondere questi due aspetti lavorando con un giovane produttore americano, Paul Fox, grande fan della band, e mescolando l’art pop raffinato di “Skylarking” con la psichedelia sixties di “Psonic Psunspot”.
Le idee abbondano, come sempre in quella testa matta di Partridge: il disco sarà un doppio, durata totale 60 minuti, 14 canzoni di cui 11 di Partridge, 3 del bassista Colin Moulding. A completare la formazione Dave Gregory, chitarrista e arrangiatore fin dal 1979, mentre i sessionmen questa volta sono il drummer Pat Mastelotto (futuro King Crimson) e il trombettista Mark Isham.
Le coordinate del disco sono tutte qui: arrangiamenti strabordanti, ora che quel rompicoglioni di Todd Rundgren non fa il produttore e Paul Fox dice di sì a ogni idea di Partridge; cori anni sessanta e armonie a due o più voci ovunque; splendido interplay fra Mastelotto e Moulding (bassista assai sottovalutato), e tutto spalmato abbondantemente per tutte le canzoni.
Il risultato è a tratti fantastico, come in “Garden of Earthly Delights”, una delle cose migliori prodotte dalla band, nelle armonie vocali di “The Loving”, nella “King for a Day” di Moulding, nella conclusiva “Chalkhills and Children”, in teoria ispirata ai Beach Boys ma in pratica cento per cento Andy Partridge; altre volte brillante, forse anche troppo, una canzone come la lennoniana “Here comes President Kill again” lascia a bocca aperta ma non si sa se applaudirla o metterle un voto, “Across This Antheap” ha un ritornello magistrale e una coda epica, ma una strofa troppo caciarona e synth, “Hold me daddy” è magnificata da un finale stellare che ricorda i migliori momenti world dei Talking Heads; infine, come in “Mayor of Simpleton”, c’è un po’ troppo retro, un po’ troppo jingle jangle e un po’ troppo elio nel cervello della band, oppure come in “Merely a man” troppo chiasso senza la contropartita di quella libertà incendiaria che si aveva in “Psonic Psunspot”.
Dovendo proprio scegliere, siamo così un passetto indietro rispetto a “Skylarking”, probabilmente solo per l’assenza di un Rundgren che dicesse chiaramente sì o no e spingesse per un singolo LP; di sicuro siamo di fronte a un prodotto decisamente complesso, le cui melodie superficialmente possono essere interpretate come pop rock ma che se ascoltate distrattamente come fossero muzak da supermercato inizieranno a causarvi mal di testa, c’è qualcosa di strano qui, qualcosa di storto, perché? E allora dovrete necessariamente mettervi a sedere in poltrona con un buon paio di cuffie e dare a questo disco il tempo e l’attenzione che merita.
Dopo la pubblicazione, il gruppo torna a fare qualche piccola apparizione semiacustica dal vivo, in radio, in televisione a MTV e da David Letterman, ma prima di un piccolo tour europeo Partridge cancella tutto lasciando soprattutto Moulding di sasso e frustrandone anche le ambizioni economiche, viste le acque finanziarie non proprio perfette che il trio solcava. Siamo ancora lontani, comunque, dai litigi interni ed esterni che affosseranno il gruppo negli anni Novanta: c’è ancora tempo per un altro disco come “Nonsuch” (1992).
Ma questa è un’altra storia.
- Red
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