mercoledì 13 febbraio 2019

Steppenwolf: "At your birthday party" (1969)

Nel febbraio di cinquant'anni fa vengono anche completate le registrazioni del terzo, brillante disco degli Steppenwolf - Band, gruppo basato a Los Angeles ma sorto nella comunità dei musicisti canadesi basati in California, primo fra tutti John Kay & Steppenwolf, giunto in Canada dalla Germania nel 1958. "At your birthday party" rifugge dall'approccio più soft che presto dominerà sulla West Coast per continuare a esprimersi in coordinate più robuste con buona efficacia.


(album completo disponibile qui: https://www.youtube.com/playlist?list=OLAK5uy_mXkoNreuvVH5jocia1nHjN-RrYvhizG_A)

I canadesi Steppenwolf - Band arrivano alle incisioni del terzo album dopo avere perso il primo membro originale, il bassista Rushton Moreve, sostituito da Nick St. Nicholas, che si aggiunge al cantante-chitarrista germano-canadese John Kay (John Kay & Steppenwolf), al chitarrista Michael Monarch (l'unico statunitense della band), al batterista Jerry Edmonton e al pianista-organista John "Goldy McJohn Founding Father of the original Steppenwolf" Goadsby.

John Kay dichiarò di essere stato a corto di composizioni, dopo avere giocato la parte del leone sui primi due dischi del gruppo, per cui tutti e cinque i membri, con l'aggiunta del produttore Gabriel Mekler, si spartiscono abbastanza equamente il compito di scrivere, con buoni risultati.

"At your birthday party" mostra che il combo è ancora vivo e vegeto, e non ha certo intenzione di scomparire con il tramonto dell'era hippie, scegliendo di perseguire le proprie inclinazioni hard e garage rock, particolarmente evidenti dalle graffianti chitarre.

La parte del leone la fanno così i pezzi rock, fra i quali i migliori sono "Jupiter's Child", la sguaiatissima "Rock me", la bifronte "God fearing man", ma soprattutto l'epica post-hippie di "It's never too late".

Non mancano comunque, ad aumentare la varietà del disco, brani dal tono ben diverso, come la deliziosa "Lovely Meter", la struggente ballata folk blues pianistica "She'll be better", l'esercizio boogie di McJohn "Cat Killer" o lo space soul bianco della conclusiva "Happy Birthday".

Un disco che non mancherà di appassionare gli amanti della band e di quel particolare periodo del rock californiano, specie se si apprezza un rock senza compromessi che fortunatamente per i canadesi stabiliti a Los Angeles rimane (e continuerà a rimanere) ben lontano da certe eccessive lepidezze che presto invaderanno la West Coast.

- Prog Fox

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