Nel febbraio di trent'anni fa viene pubblicato "Playing with fire", ottimo disco dei neopsichedelici britannici Spacemen 3, guidati dal duo creativo di Peter Kemper e Jason Pierce e ultimo pubblicato prima del loro scioglimento.
Passati
gli anni ’60, la psichedelia è rimasta una corrente sotterranea della
musica pop/rock, un ingrediente da aggiungere a miscele più digeribili e
raramente il cardine su cui far girare un intero album. Ci sono
ovviamente band che hanno saputo adoperarla in maniera costante, e
che hanno contribuito alla sua evoluzione nel corso dei decenni; tra
queste, gli Spacemen 3 sono tra le più notevoli.
Band in costante evoluzione, retta dai due dioscuri Jason Pierce (poi
mente degli Spiritualized, che porteranno la psichedelia in territori
“britpop”, in senso lato) e Peter Kember, gli Spacemen 3 costruirono
nella seconda metà degli anni ’80 un sound riconoscibile, legato ad una
psichedelia basata sull’eroina e sugli psicofarmaci piuttosto che sulle
droghe allucinogene.
I suoni acidi delle chitarre sono
sostituiti da drones ipnotici di derivazione ambient, rumori dilatati in
una meditazione narcotica, e melodie diluite a livelli omeopatici.
All’opposto dei quasi coevi PsychicTV, le cui sperimentazioni
partiranno dalla New Wave per approdare nei movimentati territori Acid
Techno per via del satanismo, gli Spacemen3 partiranno da un viscerale
noise-rock per per immergersi in atmosfere sempre più liquide ed
immobili, benché mai rarefatte, uno stallo allo stesso tempo estatico ed angosciante.
“Playing with Fire” si differenzia dai precedenti album, ed in
particolare dal pezzo forte “the perfect prescription” (il loro LP del 1987), proprio per la
spinta verso i territori ambient. Buona parte dei pezzi, infatti, è
composta da tracce di drones rumoristi, con scarsa o nulla presenza
di percussioni e persino, per larghi tratti, melodie e voci. Basti
l’opening di “Honey”, con i suoi mantra di sintetizzatori e chitarre
distorte, ad illustrare questo concetto; o i riff di sintetizzatori
pieni di delay di “How does it feel” e “Let me down gently”, per
mostrare a quali vette (o abissi?) questa formula possa condurre.
Pare che tra i due leader della band, nel momento in cui quest’album
era in lavorazione, si cominciassero a manifestare le frizioni che
portarono di lì a poco allo scisma da cui nacquero gli
Spiritualized e i vari progetti solisti di Kember: tutte le tracce
portano infatti la singola firma di uno dei due, ad eccezione di “Suicide”, composta da entrambi. A sentire
la tensione che attraversa questa lunga cavalcata, acidissima e
violenta, questa versione dei fatti pare piuttosto verosimile.
Non mancano, d’altro canto, dei brani meno distanti dalla forma canzone:
“Come down to me softly” sembra uno dei brani più melodici degli
PsychicTV, con tanto di chitarrine scampanellanti e la voce soffice a
sussurrare un testo sognante e leggermente inquietante; “I believe in
it” sembra uno degli interludi melodici di “Ladies and gentlement we’re
floating in space”, ed è sorprendente che sia firmata Kember e non
Pierce; molto meno sorprendente che il blues depresso che chiude
l’album, subito dopo il trip di “Suicide”, sia invece proprio a firma
Pierce.
“Playing with fire” raggiungerà la vetta della
classifica indipendente britannica e sarà l’ultimo album uscito con gli
Spacemen3 ancora uniti (il seguente "Recurring” verrà pubblicato a band
già sciolta), e rappresenta un tassello importante dello sviluppo della
psichedelia moderna, un ascolto consigliato a chiunque ami le
declinazioni più aggiornate delle sperimentazioni degli anni d’oro della
psichedelia in una chiave più (post)moderna.
- Spartaco Ughi
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