lunedì 25 febbraio 2019

Spacemen 3: "Playing with fire" (1989)

Nel febbraio di trent'anni fa viene pubblicato "Playing with fire", ottimo disco dei neopsichedelici britannici Spacemen 3, guidati dal duo creativo di Peter Kemper e Jason Pierce e ultimo pubblicato prima del loro scioglimento.



 
Passati gli anni ’60, la psichedelia è rimasta una corrente sotterranea della musica pop/rock, un ingrediente da aggiungere a miscele più digeribili e raramente il cardine su cui far girare un intero album. Ci sono ovviamente band che hanno saputo adoperarla in maniera costante, e che hanno contribuito alla sua evoluzione nel corso dei decenni; tra queste, gli Spacemen 3 sono tra le più notevoli.

Band in costante evoluzione, retta dai due dioscuri Jason Pierce (poi mente degli Spiritualized, che porteranno la psichedelia in territori “britpop”, in senso lato) e Peter Kember, gli Spacemen 3 costruirono nella seconda metà degli anni ’80 un sound riconoscibile, legato ad una psichedelia basata sull’eroina e sugli psicofarmaci piuttosto che sulle droghe allucinogene.

I suoni acidi delle chitarre sono sostituiti da drones ipnotici di derivazione ambient, rumori dilatati in una meditazione narcotica, e melodie diluite a livelli omeopatici. All’opposto dei quasi coevi PsychicTV, le cui sperimentazioni partiranno dalla New Wave per approdare nei movimentati territori Acid Techno per via del satanismo, gli Spacemen3 partiranno da un viscerale noise-rock per per immergersi in atmosfere sempre più liquide ed immobili, benché mai rarefatte, uno stallo allo stesso tempo estatico ed angosciante.

“Playing with Fire” si differenzia dai precedenti album, ed in particolare dal pezzo forte “the perfect prescription” (il loro LP del 1987), proprio per la spinta verso i territori ambient. Buona parte dei pezzi, infatti, è composta da tracce di drones rumoristi, con scarsa o nulla presenza di percussioni e persino, per larghi tratti, melodie e voci. Basti l’opening di “Honey”, con i suoi mantra di sintetizzatori e chitarre distorte, ad illustrare questo concetto; o i riff di sintetizzatori pieni di delay di “How does it feel” e “Let me down gently”, per mostrare a quali vette (o abissi?) questa formula possa condurre.

Pare che tra i due leader della band, nel momento in cui quest’album era in lavorazione, si cominciassero a manifestare le frizioni che portarono di lì a poco allo scisma da cui nacquero gli Spiritualized e i vari progetti solisti di Kember: tutte le tracce portano infatti la singola firma di uno dei due, ad eccezione di “Suicide”, composta da entrambi. A sentire la tensione che attraversa questa lunga cavalcata, acidissima e violenta, questa versione dei fatti pare piuttosto verosimile.

Non mancano, d’altro canto, dei brani meno distanti dalla forma canzone: “Come down to me softly” sembra uno dei brani più melodici degli PsychicTV, con tanto di chitarrine scampanellanti e la voce soffice a sussurrare un testo sognante e leggermente inquietante; “I believe in it” sembra uno degli interludi melodici di “Ladies and gentlement we’re floating in space”, ed è sorprendente che sia firmata Kember e non Pierce; molto meno sorprendente che il blues depresso che chiude l’album, subito dopo il trip di “Suicide”, sia invece proprio a firma Pierce.

“Playing with fire” raggiungerà la vetta della classifica indipendente britannica e sarà l’ultimo album uscito con gli Spacemen3 ancora uniti (il seguente "Recurring” verrà pubblicato a band già sciolta), e rappresenta un tassello importante dello sviluppo della psichedelia moderna, un ascolto consigliato a chiunque ami le declinazioni più aggiornate delle sperimentazioni degli anni d’oro della psichedelia in una chiave più (post)moderna.

- Spartaco Ughi

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