giovedì 24 gennaio 2019

Skid Row: "Skid Row" (1989)

24 Gennaio del 1989, è la data a cui risale il debutto da studio degli Skid Row, album che prende il nome dalla band stessa. Successo clamoroso, planetario, da oltre cinque milioni di copie; forse l'ultimo grande debutto di una band di hard'n'heavy ottantiano.



(il disco completo si può trovare qui:https://www.youtube.com/playlist?list=OLAK5uy_m7wCXovA4fTxEPKV4SoH2YZwZsk4YJCK4)

Undici pezzi di poderoso hard rock americano a metà strada fra le ruvide distorsioni dello sleaze/street metal e l’attraente e immediata sfarzosità radiofonica da alta classifica dell’hair metal. A distanza di trent’anni la band continua a condurre la propria attività in modo dignitoso suonando perlopiù in piccoli club, ma all’epoca il clamore che suscitò questo esordio fu a dir poco clamoroso.

Originari del New Jersey, furono fondati dal chitarrista Dave “Snake” Sabo, grande amico di Giovanni Bongiovanni (poi ribattezzato John Francis Bongiovi, meglio conosciuto come Jon Bon Jovi) e suo ex compagno nel gruppo con cui mossero i primi passi ai tempi delle scuole superiori, fu anche temporaneamente chitarrista dei Bon Jovi, almeno fino a quando la band dovette decidere suo malgrado che Richie Sambora era più degno di ricoprire il ruolo di chitarrista.

Snake non si scoraggiò, e assieme al bassista Rachel Bolan mise insieme una nuova band, gli Skid Row appunto. In breve tempo reclutarono Scott Hill come seconda chitarra, e il batterista Rob Affuso. La scelta cruciale, quella del cantante, fu invece più travagliata.

Il gruppo passò quasi due anni alla ricerca di un cantante che li potesse soddisfare, provandone e scartandone diversi. Fino a quando le loro strade si incrociarono con Sebastian Bach (uno pseudonimo artistico), ragazzo canadese originario delle Bahamas all’epoca nemmeno ventenne, talentuosissimo cantante e frontman esplosivo, seppur caratterialmente altamente instabile.

Completata la formazione definitiva, il gruppo avviò un’intensa attività live nei pressi della zona nord dell’East Coast (fino a estendere la loro fama a tutto il continente nordamericano), grazie anche al supporto di Jon Bon Jovi che fu il loro sponsor di inizio carriera.

Così come accadde per i Gun’n’Roses, quando gli Skid Row pubblicarono il loro debutto erano già tutt’altro che sconosciuti. Messi sotto contratto dalla Atlantic Records, alla band venne affidato l’esperto producer tedesco Michael Wagener, già al lavoro con Dokken e Alice Cooper, fra gli altri.

Il disco è trainato dall’immortale singolone "18 and Life", elettrizzante power ballad da manuale che sfondò le classifiche, come prevedibile. Bach è perfetto nel destreggiare elegantemente il proprio timbro nasale in calde e intense linee vocali alternandole a sbalzi di ottave in potenti mezzi screams. Sabo, sia in ritmica che solista, è l’anima della sezione ritmica.

L’album regala anche l’altrettanto indimenticabile "Youth Gone Wild", tamarra e accattivante, molto debitrice al glam dei Faster Pussycat, scelta come singolo di lancio. Completa il terzetto dei singoli da top album, l’immancabile ballatona romantica "I Will Remember You".

Su livelli decisamente buoni troviamo le varie "Piece of Me", l’opener "Big Guns" e le veloci e divertenti "Makin’ a Mess" e "Sweet Little Sister". La palma del pezzo più sottovalutato va a "Rattlesnake Shake", energica composizione i cui i potenti riff sembrano essere stati presi in prestito da un "Operation: Mindcrime" dei Queensryche.

"Here I Am" ripercorre le orme dell’hard rock impregnato di blues, mentre "Can’t Stand the Heartache" si avvicina all’heavy portentoso dei Def Leppard mischiato con la ruvidezza dei W.A.S.P.

Chiude "Midnight Tornado", il pezzo più metal dell’album, mid-tempo metallico debitore in ugual misura della NWOBHM, dei Judas Priest e dei Dokken degli esordi.

L’esordio degli Skid Row, scontato dirlo, fu un successo planetario da oltre cinque milioni di copie vendute, permettendo al gruppo anche di andare in tour con gli Aerosmith anche nel vecchio continente. Disco fondamentale, certamente derivativo, uscito quasi fuori tempo massimo, ma di assoluto valore, in cui spiccano le doti individuali da fuoriclasse assoluti di Sebastian Bach e Dave Sabo.

Due anni dopo seguì quello che (a ragione) viene considerato il loro grande capolavoro, "Slave to the Grind", album della consacrazione definitiva e simbolo dei loro anni d’oro, poco prima dell’avvento del grunge e della loro conseguente caduta, causata anche dalle bizze dell’irrequieto Bach.

Come detto in apertura, la band è tutt’ora guidata dai suoi fondatori Sabo e Bolan, e seppur sia molto ridimensionata rispetto ai tempi d’oro, è sempre attiva.

Bach, dopo aver tentato e fallito sia la carriera da attore che quella da attore di musical di Broadway, si dedicò esclusivamente alla sua carriera solista e a svariate partecipazioni nelle vesti di guest star. Sfiorito molto presto causa abusi vari e reiterati, oggi è soltanto l’ombra di quel cantante eccezionale pieno di talento che dimostrò di essere con gli Skid Row. La gioventù fugge selvaggia…

- Supergiovane

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