Il 12 dicembre di cinquant'anni fa vengono completate le registrazioni dell'inquietante, affascinante "Oar", primo e unico disco solista del cantautore canadese Alexander "Skip" Spence.
Ex-batterista dei Jefferson Airplane, ex-chitarrista dei Moby Grape, Spence viene internato a causa della grave tossicodipendenza che lo porta ad assalire un compagno di band dopo un brutto trip; è in manicomio che gli viene diagnosticata la schizofrenia, aggravata dall'uso di droghe.
Il disco che incide dopo questa esperienza ne porta i marchi e ne fa in un certo senso l'omologo americano di Syd Barrett. Vite geniali e distrutte che ci forniscono un punto di vista terribile e privilegiato sulla malattia mentale.
(LP completo con una marea di bonus qui:https://www.youtube.com/ playlist?list=OLAK5uy_kZGVh x2i7B1z_SbTXBPUaGmO8j8nqBc lA)
Alexander Spence nasce il 18 aprile del 1946 in Ontario, nel Canada, ma si trasferisce con la famiglia nella prima adolescenza in California, seguendo il padre che vi ha trovato lavoro.
Trasferitosi a San Francisco, vive da protagonista nella scena hippie rock: pur se prevalentemente un chitarrista, entra nei Jefferson Airplane in qualità di batterista, per venirne cacciato dopo il primo album per essere scomparso senza avvisare, diretto in vacanza in Messico.
In seguito fonda i Moby Grape, gruppo cult della scena, che non ebbe però mai la sperata fortuna commerciale; purtroppo la fuga in Messico doveva essere interpretata come un indizio: durante un tour, Spence viene internato in manicomio dopo aver cercato di assalire con un'ascia i suoi compagni. è l'inizio di una vita tormentata da alcolismo, tossicodipendenza (eroina e cocaina) e schizofrenia, sicuramente peggiorata dagli abusi.
Le vicende personali di Spence ricordano non a caso quelle del suo omologo inglese Syd Barrett, il genio fondatore dei Pink Floyd. Anche Spence incide un album di culto dopo avere lasciato il gruppo che ha fondato, questo desolato "Oar", composto e inciso completamente da solo.
Secondo il mito (ampiamente provato falso), il giorno delle sue dimissioni dall'ospedale psichiatrico a New York, Spence salì su una motocicletta con ancora il pigiama e guidò senza sosta fino a Nashville, dove incise questo album di country-folk sperimentale e obliquo.
Sebbene sia considerato l'equivalente statunitense di Syd Barrett, Spence non possiede il suo infantilismo fiabesco e la sua musica ha forse più punti in comune con un altro figlio del disagio, Nick Drake, per i suoi toni dimessi, talvolta soporiferi ("Weighted down"), talvolta sinuosamente avvolgenti ("War in Peace", "Diana"). Il disco risulta nel complesso lento, ma dotato di una intimista, languida carica visionaria che può affascinare.
Questa carica visionaria non appare il prodotto di un desiderio sperimentale, che non era mai appartenuto a Spence nemmeno nei giorni dei Jefferson Airplane e dei Moby Grape, al contrario di quanto era avvenuto con Barrett e i Pink Floyd: il disco è visionario e insolito perché la mente di Spence è visionaria e insolita; purtroppo, anche troppo insolita per il suo stesso bene.
"Oar", e le vicende che lo sottendono, sono non solo musica interessante e creativa, ma anche una finestra spalancata sul disagio, le difficoltà eppure la genialità di una mente afflitta da problemi, qualcosa che dovrebbe esserci di lezione ancora oggi, non solo per la qualità musicale del disco.
Con "Oar" si concluse la carriera musicale attiva di Spence. Al contrario di Syd Barrett, però, Spence non tagliò i contatti coi propri amici: i colleghi di band gli stettero vicini per tutto il resto della vita, incoraggiandolo a scrivere canzoni, incidendole sui loro album, invitandolo quando era in grado a esibirsi con loro sul palco, assicurandosi che ricevesse i soldi per le royalties.
A chiudere questa storia dolorosa di arte e amicizia, quando Spence, piagato dal tumore che lo stava uccidendo, era ricoverato terminale in ospedale, i suoi amici gli portarono un album-tributo di sue canzoni a cui parteciparono tanti ammiratori da trent'anni di rock (Robert Plant, Mark Lanegan, Mudhoney, Robyn Hitchcock, Tom Waits, Greg Dulli, Beck). A sorpresa, il disco si concludeva con l'ultima, inedita incisione di Spence, "Land of the Sun", risalente al 1996.
Skip Spence scomparve il 16 aprile del 1999 all'età di 52 anni. La sua memoria resterà a lungo nei ricordi dei veri amanti della scena hippie del rock californiano.
- Prog Fox
Alexander Spence nasce il 18 aprile del 1946 in Ontario, nel Canada, ma si trasferisce con la famiglia nella prima adolescenza in California, seguendo il padre che vi ha trovato lavoro.
Trasferitosi a San Francisco, vive da protagonista nella scena hippie rock: pur se prevalentemente un chitarrista, entra nei Jefferson Airplane in qualità di batterista, per venirne cacciato dopo il primo album per essere scomparso senza avvisare, diretto in vacanza in Messico.
In seguito fonda i Moby Grape, gruppo cult della scena, che non ebbe però mai la sperata fortuna commerciale; purtroppo la fuga in Messico doveva essere interpretata come un indizio: durante un tour, Spence viene internato in manicomio dopo aver cercato di assalire con un'ascia i suoi compagni. è l'inizio di una vita tormentata da alcolismo, tossicodipendenza (eroina e cocaina) e schizofrenia, sicuramente peggiorata dagli abusi.
Le vicende personali di Spence ricordano non a caso quelle del suo omologo inglese Syd Barrett, il genio fondatore dei Pink Floyd. Anche Spence incide un album di culto dopo avere lasciato il gruppo che ha fondato, questo desolato "Oar", composto e inciso completamente da solo.
Secondo il mito (ampiamente provato falso), il giorno delle sue dimissioni dall'ospedale psichiatrico a New York, Spence salì su una motocicletta con ancora il pigiama e guidò senza sosta fino a Nashville, dove incise questo album di country-folk sperimentale e obliquo.
Sebbene sia considerato l'equivalente statunitense di Syd Barrett, Spence non possiede il suo infantilismo fiabesco e la sua musica ha forse più punti in comune con un altro figlio del disagio, Nick Drake, per i suoi toni dimessi, talvolta soporiferi ("Weighted down"), talvolta sinuosamente avvolgenti ("War in Peace", "Diana"). Il disco risulta nel complesso lento, ma dotato di una intimista, languida carica visionaria che può affascinare.
Questa carica visionaria non appare il prodotto di un desiderio sperimentale, che non era mai appartenuto a Spence nemmeno nei giorni dei Jefferson Airplane e dei Moby Grape, al contrario di quanto era avvenuto con Barrett e i Pink Floyd: il disco è visionario e insolito perché la mente di Spence è visionaria e insolita; purtroppo, anche troppo insolita per il suo stesso bene.
"Oar", e le vicende che lo sottendono, sono non solo musica interessante e creativa, ma anche una finestra spalancata sul disagio, le difficoltà eppure la genialità di una mente afflitta da problemi, qualcosa che dovrebbe esserci di lezione ancora oggi, non solo per la qualità musicale del disco.
Con "Oar" si concluse la carriera musicale attiva di Spence. Al contrario di Syd Barrett, però, Spence non tagliò i contatti coi propri amici: i colleghi di band gli stettero vicini per tutto il resto della vita, incoraggiandolo a scrivere canzoni, incidendole sui loro album, invitandolo quando era in grado a esibirsi con loro sul palco, assicurandosi che ricevesse i soldi per le royalties.
A chiudere questa storia dolorosa di arte e amicizia, quando Spence, piagato dal tumore che lo stava uccidendo, era ricoverato terminale in ospedale, i suoi amici gli portarono un album-tributo di sue canzoni a cui parteciparono tanti ammiratori da trent'anni di rock (Robert Plant, Mark Lanegan, Mudhoney, Robyn Hitchcock, Tom Waits, Greg Dulli, Beck). A sorpresa, il disco si concludeva con l'ultima, inedita incisione di Spence, "Land of the Sun", risalente al 1996.
Skip Spence scomparve il 16 aprile del 1999 all'età di 52 anni. La sua memoria resterà a lungo nei ricordi dei veri amanti della scena hippie del rock californiano.
- Prog Fox
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