giovedì 8 novembre 2018

Nice: "Ars Longa Vita Brevis" (1968)

Nel novembre di cinquant'anni fa usciva "Ars Longa Vita Brevis", il secondo album dei Nice di KEITH EMERSON, Lee Jackson e Brian Davison e uno dei primi album del nascente rock progressivo.
Più delle trascurabili canzoni di rock psichedelico ormai datate sono interessanti le due lunge suite di art rock, sia quella che da il titolo all'album e occupa l'intero lato B, sia la rilettura del compositore finlandese Jean Sibelius "Intermezzo from Karelia Suite" che conclude il lato A.



(il disco completo si può ascoltare qui:https://www.youtube.com/watch?v=Tt99wLDaTVg)

A fine 1967 i Nice avevano realizzato l'album "The Thoughts of Emerlist Davjack", uno dei padri del rock progressivo, sospeso fra psichedelia britannica e influenze classiche e jazz, non solo nelle virtù musicali di Keith Emerson alle tastiere e Brian Davison alla batteria, ma anche nella scelta di riprendere veri e propri temi della musica classica e del jazz third stream, come il Rondo di Brubeck mescolato a un preludio di Bach.

Nel 1968 il gruppo inglese si infila in studio di registrazione ma dopo poco li lascia il chitarrista David O'List, inquieto musicista che perderà più e più volte il treno per la fama per colpa di un cattivo carattere e - forse - di abusi di alcool e droghe. I tre rimasti - Keith Emerson, tastiere; Brian Davison, batteria; Lee Jackson, basso - decidono di continuare come trio e di spingere al massimo le idee studiate nel primo disco, realizzando così questo ambiguo "Ars longa vita brevis", titolo ispirato alla massima di Ippocrate.

I Nice ricorrono a una divisione del disco in due parti distinte, con una facciata fatta di brani più brevi e una facciata interamente dedicata a una suite in larga parte strumentale (vedi "Shine on brightly" dei Procol Harum e "In-a-gadda-da-vida" degli Iron Butterfly). Il lato A consiste infatti in tre trascurabili canzoni psichedeliche e nell'interessanteìissimo "Intermezzo from the Karelia Suite", basato sull'opera del compositore finlandese Sibelius. Il lato B è invece dominato dall'opera che da il titolo al disco, "Ars longa vita brevis", suite di venti minuti divisa in introduzione, quattro movimenti e coda.

Se le canzoni psichedeliche ripetono più stancamente gli stilemi del primo disco e risultano poco più che riempitivi (pur nella particolarità di poter sentire in due brani Keith Emerson come cantante, ruolo più spesso affidato al bassista Lee Jackson - entrambi comunque non particolarmente validi in tale capacità), sono i due lunghi strumentali ad attirare la nostra attenzione.

La rilettura rock estratta dall'opera di Sibelius è probabilmente uno dei brani migliori della carriera dei Nice, trascinato dalle magie tastieristiche di Emerson, con Davison e Jackson comprimari di lusso - quest'ultimo suona anche il basso con l'archetto, mentre il batterista si esprime con convinzione mostrando di possedere un notevole tocco personale. Tutto ciò che in tema di riletture metteranno in mostra Emerson, Lake & Palmer nel corso dei primi album è già presente con grande padronanza e compiuto sviluppo in questa traccia essenziale per la storia del rock progressivo.

Meno convincente la lunga suite "Ars longa vita brevis": intanto per la scelta di iniziare con un noioso assolo di batteria, forse per tediarci all'inizio invece che alla fine come già stavano facendo in troppi; ma la lunghezza della composizione appare eccessiva, solo a tratti i temi risultano davvero convincenti, come in particolare: nel finale pianistico del secondo movimento (con ospite alla chitarra elettrica Malcolm Langstaff); nella splendida, dissacrante intersezione fra un movimento del terzo Concerto Brandeburghese di Bach eseguito da una orchestra a un riff di hard rock tastieristico. Resta come punto forte di tutto, quasi inaspettatamente, l'approccio di Davison alla batteria - un grande musicista ingiustamente sottovalutato, con chiare influenze jazz e swing nel suo suono.

Il disco, sia alla luce dei successivi capolavori di Emerson, Lake & Palmer, sia alla luce delle datate canzoni psichedeliche che lo aprono, ha finito per apparire più come una curiosità storica che come un album solido quale in effetti è. Ma se avete un interesse anche superficiale nel rock progressivo, la Karelia Suite va recuperata assolutamente. Se siete fanatici del genere, vi tocca ascoltare anche la suite del lato B.

- Prog Fox

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