sabato 3 novembre 2018

Jam: "All mod cons" (1978)

Il 3 novembre di quarant'anni fa usciva il disco che consacrava la grandezza dei The Jam di Paul Weller, Bruce Foxton e Rick Buckler, ovvero "All Mod Cons". Abbandonate le pose più punk del loro repertorio, i Jam realizzavano il capolavoro del mod revival e uno dei dischi inglesi più significativi di fine decennio.



(album completo disponibile qui: https://www.youtube.com/watch?v=hdXUIoDWwfI)

Ok ragazzi, abbiamo scherzato: pensavate davvero che fossimo punk? No. Lo abbiamo detto che siamo mods, non punk. Ci abbiamo provato a spiegarvelo già nei due album prima.

Ok, c'erano ritmi punk e chitarre distorte ma, ragazzi, che vi aspettavate? Dovevamo pur vendere qualche disco o la casa discografica ci avrebbe trattato come le altre band del mod revival che hanno inciso un album e magari non glielo hanno nemmeno pubblicato, su.

Sì, è evidente che siamo nella fine degli anni settanta e qualcosa della rabbia punk e delle loro idee è filtrato pure nelle nostre menti bacate di appassionati dell'Inghilterra anni sessanta, chiaro. Una cosa come "The place I love", con tutti quei riff e la batteria anni cinquanta, non l'avremmo mica incisa se non ci fossero stati i Ramones.

Si sente che ci piacciono i Kinks, vero? Se non lo avevate ancora capito, abbiamo inciso una cover di "David Watts" apposta per i duri di comprendonio. Ma ci piacciono anche gli Who (che mod saremmo, sennò) e i Beatles. D'altronde se devi copiare, meglio copiare dal primo della classe, no? Sentitevi "It's too bad", sembra un medley di "Twist and shout" e "She loves you" dei Beatles suonato dagli Who di "La-la-la-lies".

Vi piace "Mr. Clean"? Certo che a Pete Townshend sarebbe piaciuto mettere un pezzo così in "Who's next", vero? Con quello stile power pop e le varie microsezioni in una canzone così breve. E "Fly" col suo crescendo da acustico a elettrico? E "English Rose" non contiene in sé già quelle brevi ballate acustiche degli Smiths? E "Billy Hunt"? Qui abbiamo giocato col power pop mettendoci però quella cattiveria british che non si associa di solito a questo sottogenere.

Non vi abbiamo neanche iniziato a parlare di quelle cose belle in cui Weller non si limita a raccogliere l'eredità dei sixties ma si accredita come autore dotato di una voce propria, come quella meraviglia malinconica di "In the crowd", con la sua coda strumentale perfetta e ringhiosa, giusta giusta a rammentarvi che siamo una band, The Jam, una somma maggiore delle nostre parti anche quando una parte è un grosso come Paul.

Il disco poi lo abbiamo finito in crescendo con quel capolavoro di "Down in the Tube Station at Midnight", che la BBC non ha voluto trasmettere perché parliamo di un poveraccio che sta tornando a casa da lavoro e viene aggredito da un gruppo di fascisti in metro. Non si poteva dire che Londra in quegli anni era decadente e in crisi, che cattivi che siamo! Ma sentite le sottigliezze della chitarra di Weller, il basso con gli armonici e i cori sopraffini di Foxton, la potenza del drumming di Buckler, il falso finale con la coda montante! Quanto siamo bravi?

Insomma, dobbiamo proprio dirvelo noi che questo è il disco della nostra maturità, un classico della musica inglese e il primo capolavoro della lunga carriera di Paul Weller?

- Red

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