(potete trovare l'album completo qui:https://www.youtube.com/ playlist?list=OLAK5uy_laR3W e5LNE1EmW0bqAUtPla7anfHr-M mg)
Chi conosce i Meshuggah sa che non deve avere fretta, l’uscita fra un album e un altro non è mai inferiore ai tre anni, e difatti tre anni (e mezzo) è quanto si è fatto attendere "Chaosphere", seguito del fortunatissimo "Destray Erase Improve", album che nel lontano 1995 spiazzò tutti e rimescolò ogni carta posta sulla tavola della scena estrema.
Non si era mai sentito niente di simile, un metal futuristico (PostCyber Thrash? Progressive Industrial?) contaminato dall’apprendistato jazz & fusion del mastermind del gruppo, il chitarrista Fredrik Thordendal.
All’epoca, solo i Fear Factory con "Demanufacture" e gli Strapping Young Lad con il debutto "Heavy as a Really Heavy Thing" avevano osato tanto. E dopo un un album di tale portata, pochissimi hanno saputo evolversi ulteriormente, realizzando lavori ancora più pesanti e tecnicamente spaventosi. I Meshuggah sono fra questi.
Con "Chaosphere" producono un lavoro dal songwriting maggiormente complesso e strumentalmente intricato, decisamente ostico per i tempi che correvano. Un monolite dall’incommensurabile ponderosità, assemblato incastrando poliritmie multiple sulla più scontata struttura in quattro quarti, dalle svariate cromature e dalle lancinanti dissonanze.
Concettualmente, le tematiche affrontate dai Meshuggah sono sempre indirizzate fra avveniristiche utopie, lo scontro e il dualismo fra l’uomo e la macchina, la sopraffazione dell’intelligenza artificiale su ogni forma di emotivià, l’ignoto e profondo baratro dello spazio, e un immaginario cosmico horrorifico ispirato dal morboso immaginario di H. R. Giger, in primis alla sua creatura più famosa, l’Alien portato sul grande schermo da Ridley Scott.
Otto pezzi compongono "Chaosphere", otto pezzi tutti legati dalla stessa attitudine compositiva, otto pezzi che alla fine del quarantasettesimo minuto di durata dell’album finiscono per annichilire i timpani e la materia grigia dell’ascoltatore. A tal proposito la copertina è alquanto significativa, essa raffigura un cervello umano incastrato in una gabbia metallica dalla forma sferica da cui escono punzoni filettati.
La schizofrenica "The Mouth Licking What I’ve Bled", la visionaria "New Millennium Cyanide Christ" e "Sane", pezzo già presente nell’EP "The True Human Design" pubblicato l’anno precedente e già suonata live in numerose occasioni, sono i pezzi forti del piatto, assolutamente privo di punti deboli.
A livello di produzione, ancora non abbiamo quel bel suono ribassato e profondo con riverbero elasticizzato che il gruppo riuscirà ad ottenere da "Nothing" in poi, all’epoca i progressi tecnologici in fase di mixaggio e post produzione erano notevoli, ma non al punto di ottenere quello che aveva in mente in gruppo, a cui ci abituerà per il resto della carriera.
"Corridors of Chameleons" è il pezzo meno intricato e più diretto presente in "Chaosphere", ed è incredibile come il gruppo riesca a donare un’altissima percentuale di groove a composizioni così atipiche, anche nei rituali assoli in tapping distorti all’inverosimile di Thordendal.
Jens Kidman non si smentisce, la sua monotonalità è adattata su ogni base che gli viene messa a disposizione, le sue performance vocali sono tanto statiche quanto fondamentalmente efficaci e adeguate al contesto. E anche Tomas Haake dietro le pelli è la solita macchina da guerra, progettata per mitragliare a raffica il suo drumkit costituito da una fitta coltre di China, Crash e Ride.
"Neurotica", altro grande classico della band svedese, mostra ancora qualche reminiscenza delle influenze thrash Made in Bay Arena degli esordi.
La conclusiva "Elastic", un quarto d’ora di durata complessiva, termina con un distortissimo fraseggio molleggiato sotto il riff portante stoppato suonato in loop seguito da svariati minuti di feed allucinanti in crescendo, a cui segue una rocambolesca e caotica ghost track, che è poi il compendio di tutti i brani presenti nell’album.
Giunti a questo punto, il rischio che "Chaosphere" abbia scardinato i centri nervosi del cervello umano è alto. Anche questo fa di "Chaosphere" un lavoro epocale, seminale, imprescindibile. Il futuro del metal di nuova generazione parte soprattutto da qui.
Chiudiamo con la più famosa citazione del film "Alien", presa in prestito anche dai Meshuggah: 'Nello spazio nessuno può sentirvi urlare'. Ma, probabilmente, le loro dissonanze e le distorsioni trasmesse via etere le staranno udendo fino nei più profondi meandri della volta celeste…
- Supergiovane
Chi conosce i Meshuggah sa che non deve avere fretta, l’uscita fra un album e un altro non è mai inferiore ai tre anni, e difatti tre anni (e mezzo) è quanto si è fatto attendere "Chaosphere", seguito del fortunatissimo "Destray Erase Improve", album che nel lontano 1995 spiazzò tutti e rimescolò ogni carta posta sulla tavola della scena estrema.
Non si era mai sentito niente di simile, un metal futuristico (PostCyber Thrash? Progressive Industrial?) contaminato dall’apprendistato jazz & fusion del mastermind del gruppo, il chitarrista Fredrik Thordendal.
All’epoca, solo i Fear Factory con "Demanufacture" e gli Strapping Young Lad con il debutto "Heavy as a Really Heavy Thing" avevano osato tanto. E dopo un un album di tale portata, pochissimi hanno saputo evolversi ulteriormente, realizzando lavori ancora più pesanti e tecnicamente spaventosi. I Meshuggah sono fra questi.
Con "Chaosphere" producono un lavoro dal songwriting maggiormente complesso e strumentalmente intricato, decisamente ostico per i tempi che correvano. Un monolite dall’incommensurabile ponderosità, assemblato incastrando poliritmie multiple sulla più scontata struttura in quattro quarti, dalle svariate cromature e dalle lancinanti dissonanze.
Concettualmente, le tematiche affrontate dai Meshuggah sono sempre indirizzate fra avveniristiche utopie, lo scontro e il dualismo fra l’uomo e la macchina, la sopraffazione dell’intelligenza artificiale su ogni forma di emotivià, l’ignoto e profondo baratro dello spazio, e un immaginario cosmico horrorifico ispirato dal morboso immaginario di H. R. Giger, in primis alla sua creatura più famosa, l’Alien portato sul grande schermo da Ridley Scott.
Otto pezzi compongono "Chaosphere", otto pezzi tutti legati dalla stessa attitudine compositiva, otto pezzi che alla fine del quarantasettesimo minuto di durata dell’album finiscono per annichilire i timpani e la materia grigia dell’ascoltatore. A tal proposito la copertina è alquanto significativa, essa raffigura un cervello umano incastrato in una gabbia metallica dalla forma sferica da cui escono punzoni filettati.
La schizofrenica "The Mouth Licking What I’ve Bled", la visionaria "New Millennium Cyanide Christ" e "Sane", pezzo già presente nell’EP "The True Human Design" pubblicato l’anno precedente e già suonata live in numerose occasioni, sono i pezzi forti del piatto, assolutamente privo di punti deboli.
A livello di produzione, ancora non abbiamo quel bel suono ribassato e profondo con riverbero elasticizzato che il gruppo riuscirà ad ottenere da "Nothing" in poi, all’epoca i progressi tecnologici in fase di mixaggio e post produzione erano notevoli, ma non al punto di ottenere quello che aveva in mente in gruppo, a cui ci abituerà per il resto della carriera.
"Corridors of Chameleons" è il pezzo meno intricato e più diretto presente in "Chaosphere", ed è incredibile come il gruppo riesca a donare un’altissima percentuale di groove a composizioni così atipiche, anche nei rituali assoli in tapping distorti all’inverosimile di Thordendal.
Jens Kidman non si smentisce, la sua monotonalità è adattata su ogni base che gli viene messa a disposizione, le sue performance vocali sono tanto statiche quanto fondamentalmente efficaci e adeguate al contesto. E anche Tomas Haake dietro le pelli è la solita macchina da guerra, progettata per mitragliare a raffica il suo drumkit costituito da una fitta coltre di China, Crash e Ride.
"Neurotica", altro grande classico della band svedese, mostra ancora qualche reminiscenza delle influenze thrash Made in Bay Arena degli esordi.
La conclusiva "Elastic", un quarto d’ora di durata complessiva, termina con un distortissimo fraseggio molleggiato sotto il riff portante stoppato suonato in loop seguito da svariati minuti di feed allucinanti in crescendo, a cui segue una rocambolesca e caotica ghost track, che è poi il compendio di tutti i brani presenti nell’album.
Giunti a questo punto, il rischio che "Chaosphere" abbia scardinato i centri nervosi del cervello umano è alto. Anche questo fa di "Chaosphere" un lavoro epocale, seminale, imprescindibile. Il futuro del metal di nuova generazione parte soprattutto da qui.
Chiudiamo con la più famosa citazione del film "Alien", presa in prestito anche dai Meshuggah: 'Nello spazio nessuno può sentirvi urlare'. Ma, probabilmente, le loro dissonanze e le distorsioni trasmesse via etere le staranno udendo fino nei più profondi meandri della volta celeste…
- Supergiovane
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