Il 21 novembre di cinquant'anni fa venivano completate le tormentate registrazioni di "20/20", disco dei The Beach Boys che seguiva il disastro conclamato del loro precedente "Friends".
Pur con gli enormi problemi dovuti alla discesa nel disagio mentale del leader Brian Wilson, il gruppo riesce a produrre un disco dignitoso.
(LP completo qui: https://www.youtube.com/
Nel 1968, dopo il primo crollo nervoso che aveva portato alla cancellazione dell'album "Smile" e dopo i pessimi risultati commerciali e di critica del pur interessante "Smiley Smile" e di quelli pessimi anche artisticamente di "Friends", uno dei dischi peggiori dell'epoca, il leader dei Beach Boys, Brian Wilson, stava sprofondando nella depressione al punto di manifestare propositi suicidi.
La situazione era ormai talmente fuori controllo che si dovette ricoverare per un certo periodo in una clinica psichiatrica. Quando ne uscì, però, Brian non aveva più voglia di impegnarsi a tempo pieno nella produzione del nuovo album. Secondo quando dice l'allora moglie Marilyn, Brian era stufo dei litigi nel gruppo e decise di tirarsi indietro per sfida, per vedere cosa gli altri sarebbero riusciti a combinare senza il suo apporto.
Furono così i suoi fratelli Carl (voce, chitarra) e Dennis (voce, batteria) ad occuparsi di assemblare "20/20", completando e sovraincidendo alcuni brani scartati dalle sedute di registrazioni passate (come l'eccellente "Cabinessence") e producendo nuovi brani verso la fine dell'anno, talvolta con l'assistenza di Brian. Una parte di canzoni provenivano infine dalle ultime sessioni guidate da Brian prima del suo ricovero.
Grazie a Carl e Dennis, il complesso si risolleva così dalla polvere: troviamo la nostalgia della giovinezza surf, riarrangiata però in maniera molto più complessa musicalmente ("Do it again", la cover di "I can hear music" delle Ronettes), innesti di pop romantico ("Be with me", "Time to get alone"), perfino brani che sfiorano hard rock (la cover di "Bluebirds over the Mountain") e r&b ("All I want to do" di Dennis) e un intrigante strumentale a firma dell'ultimo arrivato Bruce Johnston ("The nearest faraway place").
Un motivo di interesse del disco è che su di esso compare una delle due canzoni scritte dal famoso criminale Charles Manson per l'amico Dennis Wilson. La proprietà di "Never learn not to love" fu venduta da Manson a Wilson per 100'000 dollari, dopodiché Dennis la rielaborò e cambiò completamente, facendo molto arrabbiare l'instabile Manson.
Pur con i difetti tipici dei Beach Boys, cioè l'eccessiva levità nei testi e nelle musiche, siamo davanti a un LP gradevole, con un lato A particolarmente ispirato, anche se la band sembra non essere in grado di salvarsi se non riagganciandosi alla propria nostalgia, aumentando il solco che li separa dai gruppi considerati 'in' dai 'giovani'. Il momento magico dei Beach Boys era ormai passato per sempre.
- Prog Fox
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