giovedì 11 ottobre 2018

Virgin Steele: "Age of Consent" (1988)

L'11 settembre di trent'anni fa giunge nei negozi l'ultima fatica dei Virgin Steele, che si sciolgono dopo la sua pubblicazione. Il proto-power e proto-epic del gruppo di New York on vende quasi una copia, trascurato dalla casa discografica e ignorato dagli americani. La band tornerà all'attività solo nel 1993, quando power ed epic si sono ormai stabilmente diffusi soprattutto sul suolo europeo, e ci sarà di nuovo uno spazio per un gruppo come il loro.



(il doppio cd completo di tutte le tracce si può ascoltare qui: https://tinyurl.com/2s3r7z7j)

Se qualcuno facesse un documentario sulla carriera dei Virgin Steele, dovrebbe intitolarlo “Nemo propheta in patria” (nessuno è profeta in patria, famoso detto latino). Questo perché la band capitanata dagli italoamericani David De Feis (cantante, pianista classico diplomato e tastierista) ed Edward Pursino (chitarrista) fu tra le prime in assoluto a proporre il nuovo genere del power metal, e forse la prima di rilievo negli Stati Uniti, ma non ebbe praticamente successo commerciale e fu costretta a sciogliersi dopo la pubblicazione di questo “Age of Consent” nell’ottobre del 1988.

I Virgin Steele sono un trait d’union fra la NWOBM capitanata da Judas Priest e Iron Maiden e le band di power metal anni ’90; contemporanei dei Manowar e degli Helloween, non sono meno originali e quasi altrettanto influenti in quel percorso. Questo “Age of Consent” è uno dei migliori album della loro carriera.

Inciso fra dicembre 1987 e luglio 1988, l’album rappresentò la fine della band. Il bassista Joe O’Reilly, pur se citato nelle note di copertina, aveva abbandonato le registrazioni, apparentemente per motivi di salute; ai due leader rimane però fedele il batterista Joey Ayvazian. Il trio incide una marea infinita di canzoni, che verranno ridotte al numero classico di dieci per la pubblicazione su LP. In seguito, però, grazie al formato cd, la ristampa del 1997 alzerà il numero di pezzi a sedici (e ne cambierà l’ordine). Una nuova ristampa del 2011 alzerà il numero fino a ventitre tracce.

La bontà della formazione è dimostrata dal fatto che raramente si consiglia di ascoltare un doppio cd di due ore quasi di durata, oltre metà delle quali costituito da pezzi extra. Ma la verità è che i Virgin Steele erano talmente oliati, rodati e in forma che si farebbe fatica a voler scartare qualcosa dall’ascolto (se proprio dovessimo scegliere, comunque, diremmo i dieci minuti della epica pianistica “A changeling dawn”, dall’ultimo blocco di pezzi bonus, in cui DeFeis si lancia in falsetti che non possono essere per tutti e che anticipano certi eccessi di André Matos con gli Angra).

Per chi ama il power metal e l’hard rock anni ’80, qui c’è una messe di idee e melodie ed energia da tirare giù un palazzo, da brani influenzati da Judas Priest e Whitesnake come “Let it roar” e la pornacciosa “Seventeen” ad altri che si affiancano a quelli più orecchiabili degli Helloween come “Lion in Winter”, dalle lunghe cavalcate epiche come “Perfect Mansions” e “Serpent’s Kiss” alle ballatone epiche e sgolate “Another nail in the cross” e “Under the graveyard moon”. Cinque dei ventitre pezzi sono cover (tra cui spicca la strepitosa versione di “Breach of Lease” dei Bloodrock) che filano però benissimo nel discorso complessivo del gruppo.

L’americanità del complesso emerge soprattutto nell’uso di un certo grado di stilemi da hard rock statunitense dell'epoca ("On the wings of the night") - la voce di DeFeis, tanto, è sufficientemente mutevole da poter sia toccare vette power in falsetto (sotto l’influenza di Rob Halford e King Diamond) che percorrere sentieri più grintosi ed espressivi alla David Coverdale o alla David Lee Roth, talvolta entrambi nella stessa canzone; certamente però è quasi unica per un gruppo del genere, in quegli anni, la passione per mitologia ed eventi storici (“The Burning of Rome”, uno dei capolavori dell'album) che li rende quasi antesignani dell’epic metal oltre che uno zio dimenticato del power europeo.

Come già detto, il gruppo si sciolse dopo la pubblicazione del disco. Ritornò in pista solo nel 1993, sempre capitanato da DeFeis e Pursino con Ayvazian. I due leader continuano a essere attivi al timone della band anche in questo 2018. I Virgin Steele rimangono un gruppo da riscoprire, e questo doppio cd dovrebbe essere in grado di convincere qualunque metallaro di sponda power/epic del proprio valore assoluto.

- Prog Fox

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