lunedì 15 ottobre 2018

Van Morrison: "Astral Weeks" (1968)

Il 15 ottobre di quarant'anni fa viene completata l'incisione di "Astral Weeks" di Van Morrison (Official), capolavoro assoluto del cantautorato occidentale e massimo traguardo della pur lunga e brillante carriera dell'artista di Belfast.



(disco completo qui: https://www.youtube.com/playlist?list=OLAK5uy_n7XQ-d3Nwn06S0JZO-9KcuqQyYxvf-iQw)

Il 15 ottobre del 1968 hanno termine le registrazioni di "Astral Weeks", secondo album in studio e massimo capolavoro della carriera del cantante nordirlandese Van Morrison: folk jazz rock psichedelico e immaginifico, uno dei più grandi dischi di musica cantautorile del secondo Novecento - a parere di chi scrive forse il migliore in assoluto.

Van Morrison incide "Astral Weeks" a New York, il 25 settembre, il 1° ottobre e il 15 ottobre del 1968, dopo due anni tormentati per la sua carriera. Dopo la fine dei Them, il quintetto nordirlandese dell'era beat/r&b britannico che aveva capeggiato, nel 1967 Van Morrison viene mandato in studio dalla sua casa discografica per iniziare una carriera pop sul modello di Tom Jones o artisti simili, a partire dal singolo "Brown eyed girl" che è il brano più rappresentativo di "Blowin' your mind!", il suo primo LP da solista. Ma il torello di Belfast non ha la minima intenzione di inseguire certi tipi di musica leggera: vuole la propria indipendenza, vuole fare di testa sua; non sa cosa, ma qualunque cosa sia non è quello che vogliono per lui i discografici; lascia la casa discografica, non senza qualche problema legale, si sposta negli Stati Uniti e firma per la Warner.

Prima di tutto Van Morrison si imbarca in una lunga serie di date nei locali di Boston, accompagnato solo dal contrabbasso di Tom Kielbania e dal flauto traverso di John Payne. Sarà così che prendono forma le sue lunghe canzoni acustiche, ispirate al talkin' blues di Bob Dylan, ma con dentro le armonie del folk irlandese, l'amore per il soul e il r&b nella voce incredibile del cantante di Belfast.

A dare l'impasto definitivo per trasformare le canzoni in capolavoro sono il produttore jazz Lewis Merenstein e il contrabbassista Richard Davis, che gli tessono attorno una band di formazione classica e jazzistica - Jay Berliner alla chitarra classica e acustica soliste, Connie Kay alla batteria, Warren Smith, Jr. al vibrafono, Larry Fallon al clavicembalo e all'arrangiamento degli archi. Mentre Kielbania deve rimanere a guardare perché il contrabbassista Davis è il leader della band assunta da Merenstein per Morrison, John Payne viene aggiunto all'ultimo come flautista.

Il confronto fra Van Morrison e i suoi musicisti è minimale: entra in studio, indica gli accordi e poi dice loro di fare quello che vogliono, dato che lui poi farà esattamente lo stesso, suonando la chitarra acustica e portando avanti i brani all'infinito cantando a squarciagola come un pazzo licantropo al contrario, ebbro di vita, che ulula al sole delle giornate assolate e ventose della campagna dell'Ulster, in quella che forse è la più grande prova vocale di un cantante bianco di musica leggera degli ultimi settant'anni.

"Astral Weeks" è aperta dal brano omonimo, capolavoro magistrale e prima delle delizie acustiche del disco, tra stupendi arrangiamenti di archi, flauto traverso e soli ossessivi di chitarra acustica che accompagnano uno dei primi inni alla vita del cantante, che sprigiona amore ed emozione a ogni verso, a ogni parola. La dolce, straziante "Beside you" ci porta invece in territori di malinconica riflessione sulla vita e sull'amore, in cui il giovane nordirlandese si squarcia il petto e ci mostra il cuore nudo mentre contrabbasso, flauto, chitarra e vibrafono tessono le trame bucoliche della musica.

Secondo capolavoro dell'album è "Sweet Thing", la canzone più facile del disco, se vogliamo; trascinata dalla sezione ritmica di Kay e Davis e dalla anomala, scapicollata partitura herrmanniana di archi, che trasformano il brano in una fuga a rotta di collo nella campagna, come quella di un cavallo lanciato all'inseguimento di un treno a vapore, è un puro inno alla gioia e all'amore, ancora una volta su un testo meraviglioso declamato da Morrison in una alternanza di urla di felicità e carezze soffuse alla propria amata. "Cyprus Avenue" introduce come strumento di accompagnamento il clavicembalo.

In "The way young lovers do" le influenze r&b e jazz raggiungono il culmine grazie alla presenza opportuna di una sezione fiati e allo swing di Kay. "Madame George", terzo capolavoro assoluto, è il culmine spirituale del disco, quasi dieci minuti che recuperano all'universalità terrestre e sanguigna di noi comuni mortali la vocalità e il folk cosmico di Tim Buckley, anticipando di vent'anni "Spirit of Eden" dei Talk Talk; incredibile il crescendo finale di archi e batteria.

"Ballerina" è un'altra lunga ballata di folk pastorale; infine, "Slim slow slider" chiude il disco con una nota drammatica, la desolata descrizione di Morrison di una ragazza votata alla sua autodistruzione, anche se le cause rimangono oscure (droga, depressione?), con una improvvisa, caracollante chiusura di sax soprano (ancora di Payne).

Per molti anni, Van Morrison è stato il primo a voler minimizzare la portata immensa di "Astral Weeks", e il motivo di ciò è semplice: è durissima per un artista scendere a patti col fatto che il primo disco inciso da libero nella propria carriera, a soli 23 anni, surclassi ogni cosa che hai fatto dopo (per quanto Van Morrison ci regalerà numerosi dischi eccellenti almeno fino a "Inarticulate Speech of the Heart" del 1983, finché il suo cantare lupesco non gli rovinerà troppo le corde vocali). Ma negli anni zero, il cantantautore di Belfast ha accondisceso a riconoscerne il ruolo primario nella propria produzione e nel contesto della musica rock.

Se questo non è uno dei dischi di cantautorato più importanti di sempre, ditemi voi quali gli sono superiori.

- Prog Fox

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