martedì 16 ottobre 2018

Jimi Hendrix Experience: "Electric Ladyland" (1968)

Cinquant'anni fa oggi usciva uno dei capolavori assoluti e imprescindibili del rock: "Electric Ladyland", terzo e ultimo (doppio) album in studio della Jimi Hendrix Experience.
L'irrequieto, perfezionista chitarrista di Seattle sarebbe morto meno di due anni dopo senza realizzare altri dischi in studio, ma lasciandoci una messe di registrazioni dal vivo e di sessions.


 
(il doppio LP originale si può trovare per esempio qui: https://www.deezer.com/it/album/454043)

"Electric Ladyland" è uno dei grandi capolavori del rock e forse il più grande disco di chitarra elettrica mai realizzato, che porta al culmine sublime le idee straordinarie che Jimi Hendrix stesso aveva inventato, con genialità quasi sovrannaturale, aliena, con "Are you experienced", il debutto della sua band pubblicato nel 1967.

Bisognerà aspettare Eddie Van Halen quasi dieci anni dopo per verificare una nuova, radicale discontinuità nell'uso delle strumento, progresso comunque che non può compararsi per magnitudine, influenza e qualità allo sconvolgimento tellurico apportato da Hendrix. Con i tre dischi della Jimi Hendrix Experience, il chitarrista si realizza come il più importante musicista della storia del rock e uno dei più importanti musicisti del Novecento.

Il materiale di "Electric Ladyland" inizia a prendere forma durante le incisioni dei primi due album nel 1967. Hendrix incide senza soluzioni di continuità fino a dicembre, poi torna in studio a completare materiale, fare sovraincisioni, e incidere nuovi brani a partire da aprile dell'anno successivo.

Il suo produttore e scopritore Chas Chandler (ex-bassista degli Animals) viene però esasperato dal suo perfezionismo, dal suo bisogno di incidere e reincidere e riprovare ogni volta le tracce; e non meno dal fatto che le sedute di registrazione siano invase da amici e famigli del chitarrista (diversi gli ospiti, come Stevie Winwood all'organo e Jack Casady al basso), creando una situazione di caos permanente.

Come se qualche oscuro presagio dicesse a Hendrix che il tempo concessogli per rimanere sulla Terra è poco, il ragazzo mezzo nero e mezzo cherokee di Seattle incide tutto quello che riesce a incidere, creando una mole immensa di materiale, talmente tanto che non sta nemmeno su un doppio album come "Electric Ladyland", e diversi brani hanno la coda strumentale tagliata per permettere al disco di includere almeno un campione di tutto ciò che ha in testa.

Finisce che Chandler lascia prima che l'album sia completato; e anche il bassista Redding decide di svicolarsi, fondando una sua band, i Fat Mattress, dedicando così a Hendrix un impegno solo parziale per poi essere sostituito. Il disco intanto vede la luce il 16 ottobre del 1968.

Rimane con Jimi il fedelissimo, fondamentale scudiero Mitch Mitchell, alla batteria, che lo segue nel suo perfezionismo e nei suoi eccessi fino alla morte di Hendrix il 18 settembre del 1970.

Musicalmente, il doppio album è formato in massima parte da canzoni psichedeliche, più o meno brevi, e da jam perlopiù strumentali, due delle quali costituiscono da sole un terzo del disco.

Al primo gruppo appartengono delizie psycho pop come "Have you ever been" e "Little Miss Strange" (composta dal bassista Noel Redding), l'acid rock iperbolico di "The Burning of the Midnight Lamp" (risalente alle sessioni di registrazione del secondo album "Axis: Bold as Love"), la frizzante, orecchiabile "House burning down" e due cover: "Come on" di Earl King, con uno degli assoli jazz blues più formidabili dell'LP, e soprattutto la "All along the watchtower" di Bob Dylan, tramutata in uno degli inni del rock tutto.

Al secondo gruppo appartengono invece la più grande cavalcata strumentale realizzata da Jimi Hendrix, ovvero "1983... (A Merman should I turn to be)", e due coppie di brani tematicamente correlati, "Rainy day, dream away"/"Still raining, still dreaming" e "Voodoo Chile"/"Voodoo Child (Slight Return)".

"1983... (A Merman should I turn to be)" ha uno dei riff di apertura più riconoscibili del rock, che vanta innumerevoli tentativi di imitazione. La dolcezza superba della strofa sublima gli esperimenti precedenti come "The wind cries Mary" e "Little Wing" in una delle più geniali visioni del rock, con la chitarra che dipinge suoni fuori dal tempo sul tappeto arpeggiato con eleganza. L'evoluzione sinuosa e anti-convenzionale del brano spazza via la forma-canzone tradizionale rimpiazzandola con qualcosa che ha pochi analoghi nella musica di allora (forse solo Frank Zappa e Miles Davis; e fra i primi a capirlo ci saranno i King Crimson). Rispetto a "1983...", la blues jam di quindici minuti di "Voodoo Chile" che chiudeva il lato A sembra quasi musica convenzionale.

"Voodoo Child", ultima traccia del disco, conclude il doppio album con un esplosivo orgasmo musicale dopo un altro riff di apertura che ha fatto la storia. Intere carriere si sono formate su questa chitarra.

Jimi non riuscirà più a completare un nuovo disco, anche se i frammenti e i live che ci ha lasciato rimangono un testamento superbo e doloroso di quello che avrebbe potuto ancora realizzare. Era evidente che anche dopo "Electric Ladyland" Hendrix avesse dentro di sé ancora tantissimo da esprimere.

Quanto a "Electric Ladyland", che altro dobbiamo dire? si tratta, molto semplicemente, di un album indispensabile.

- Prog Fox

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