Cinquant'anni fa veniva pubblicato "Traffic", secondo - e non primo, nonostante il nome - disco della formazione omonima inglese, guidata dal cantante-organista Steve Winwood. Un disco assolutamente buono ma non al livello del loro strepitoso esordio dell'anno prima ("Dear Mr. Fantasy"), forse danneggiato dai litigi interni alla band, che la tormenteranno per tutta la carriera.
(disco completo qui: https://www.youtube.com/ watch?v=y8-EFlkVTok)
I Traffic sono un gruppo bizzarro, proveniente da Birmingham, composto da personaggi bizzarri e dalla personalità piuttosto difficile da inquadrare. Il loro secondo album, chiamato semplicemente "Traffic", vede la band già impegnata a cascare a pezzi nel mezzo delle registrazioni, anche se questo non si sente tanto.
Steve Winwood, ex-cantante/pianista/ organista dello Spencer Davis Group, è un ragazzo introverso di soli vent'anni, che sta nel music business da quando ne ha dodici e venera Ray Charles. Gli interessa praticamente solo suonare e farsi le canne. Jim Capaldi è un batterista che scrive frasi e poesie su quadernini che porta con sé, e anche a lui interessano solo la musica e le canne. Chris Wood è un flautista, sassofonista e tastierista; a lui oltre che a suonare e farsi le canne interessa l'alcool, che infatti lo ucciderà nel 1983 a soli 39 anni. I tre spesso compongono insieme e farebbero jam notte e giorno senza smettere, nel loro cottage nella campagna di Birmingham alimentato da un generatore elettrico e dove entrano ed escono amici musicisti e donne per suonare e fumare giorno dopo giorno.
Ma le persone in copertina sono quattro. Il quarto è Dave Mason, un chitarrista-cantante a cui non interessa né farsi le canne né bere, e che non tollera l'idea di vivere continuamente insieme agli altri tre e alla continua processione di gente che entra ed esce dal cottage di campagna. Poi non è nemmeno un grande amante delle jam: a Mason piace comporre canzoni puntuali, e gli piace farlo da solo. Arriva con i pezzi finiti, gli arrangiamenti già decisi e istruisce gli altri tre su cosa debbano suonare. Inoltre è anche pigro nei suoi contributi alle canzoni scritte dagli altri.
Dopo la registrazione del primo, eccezionale, disco nel 1967, Mason se ne va dal gruppo. Gli altri allora continuano come trio, fanno un tour in America e a maggio iniziano a incidere il secondo album. Decidono quindi di contattare Dave e invitarlo a suonare di nuovo insieme. Dave è senza una band e accetta.
Le coordinate del disco non cambiano molto rispetto a quelle del primo: i Traffic producono un misto creativo di folk, blues, rock e jazz dell'esordio, e il disco è indubbiamente un buonissimo lavoro; ma non è il capolavoro che era "Dear Mr. Fantasy", nei confronti del quale soffre il classico complesso del 'secondo album', quello di chi cerca di ripetersi un po' troppo pedissequamente, come spesso avviene nel rock e non solo.
I pezzi notevoli non mancano: i brani più folk sono di Mason, l'allegria folk-country di "You can all join in" e la malinconia struggente di "Don't be sad" (Mason), più "Vagabond Virgin" (Capaldi/Mason) che ne è la surreale sintesi; le jam sono perlopiù opera degli altri tre: spiccano "Pearly Queen", senza Mason e con Winwood alla chitarra, la desolata "No time to live", e l'ottima "Cryin' to be heard", composta da Mason e forse il brano più autenticamente corale del disco, con Wood in evidenza al sax soprano.
Non si può dir male di questo disco, che resta un'ottima opera di uno dei migliori gruppi inglesi del periodo, anche se abbiamo già detto che il livello del disco non raggiunge quello del debutto, e sarà superato anche dal successivo "John Barleycorn must die" (1970).
Dave Mason non resiste oltre le incisioni dell'album e a ottobre se ne va. Stavolta però il taciturno Winwood fa lo stesso, mollando Wood e Capaldi da soli, facendoglielo dire dal suo manager e fuggendo con Ginger Baker ed Eric Clapton per fondare i Blind Faith, supergruppo destinato a un prematuro scioglimento.
Solo dopo la fine dei Blind Faith, Winwood tornerà sui suoi passi e rifonderà i Traffic con Wood e Capaldi.
- Prog Fox
I Traffic sono un gruppo bizzarro, proveniente da Birmingham, composto da personaggi bizzarri e dalla personalità piuttosto difficile da inquadrare. Il loro secondo album, chiamato semplicemente "Traffic", vede la band già impegnata a cascare a pezzi nel mezzo delle registrazioni, anche se questo non si sente tanto.
Steve Winwood, ex-cantante/pianista/
Ma le persone in copertina sono quattro. Il quarto è Dave Mason, un chitarrista-cantante a cui non interessa né farsi le canne né bere, e che non tollera l'idea di vivere continuamente insieme agli altri tre e alla continua processione di gente che entra ed esce dal cottage di campagna. Poi non è nemmeno un grande amante delle jam: a Mason piace comporre canzoni puntuali, e gli piace farlo da solo. Arriva con i pezzi finiti, gli arrangiamenti già decisi e istruisce gli altri tre su cosa debbano suonare. Inoltre è anche pigro nei suoi contributi alle canzoni scritte dagli altri.
Dopo la registrazione del primo, eccezionale, disco nel 1967, Mason se ne va dal gruppo. Gli altri allora continuano come trio, fanno un tour in America e a maggio iniziano a incidere il secondo album. Decidono quindi di contattare Dave e invitarlo a suonare di nuovo insieme. Dave è senza una band e accetta.
Le coordinate del disco non cambiano molto rispetto a quelle del primo: i Traffic producono un misto creativo di folk, blues, rock e jazz dell'esordio, e il disco è indubbiamente un buonissimo lavoro; ma non è il capolavoro che era "Dear Mr. Fantasy", nei confronti del quale soffre il classico complesso del 'secondo album', quello di chi cerca di ripetersi un po' troppo pedissequamente, come spesso avviene nel rock e non solo.
I pezzi notevoli non mancano: i brani più folk sono di Mason, l'allegria folk-country di "You can all join in" e la malinconia struggente di "Don't be sad" (Mason), più "Vagabond Virgin" (Capaldi/Mason) che ne è la surreale sintesi; le jam sono perlopiù opera degli altri tre: spiccano "Pearly Queen", senza Mason e con Winwood alla chitarra, la desolata "No time to live", e l'ottima "Cryin' to be heard", composta da Mason e forse il brano più autenticamente corale del disco, con Wood in evidenza al sax soprano.
Non si può dir male di questo disco, che resta un'ottima opera di uno dei migliori gruppi inglesi del periodo, anche se abbiamo già detto che il livello del disco non raggiunge quello del debutto, e sarà superato anche dal successivo "John Barleycorn must die" (1970).
Dave Mason non resiste oltre le incisioni dell'album e a ottobre se ne va. Stavolta però il taciturno Winwood fa lo stesso, mollando Wood e Capaldi da soli, facendoglielo dire dal suo manager e fuggendo con Ginger Baker ed Eric Clapton per fondare i Blind Faith, supergruppo destinato a un prematuro scioglimento.
Solo dopo la fine dei Blind Faith, Winwood tornerà sui suoi passi e rifonderà i Traffic con Wood e Capaldi.
- Prog Fox
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