(il disco completo si può trovare qui:https://www.youtube.com/
Decine di milioni di dischi venduti, l’introduzione di tante espressioni poi diventate correnti e la rivoluzione della musica leggera italiana, tutto questo in poco più di dieci anni di collaborazione.
Il percorso del magico duo Battisti-Mogol ha battuto praticamente tutti i territori della musica del loro tempo, dal pop al rock, dal soul alle sperimentazioni elettroniche e progressive fino alla svolta (white)funk de “La batteria il contrabbasso” nel ’76. Su questa linea continueranno, gradualmente inserendo sempre più sintetizzatori e ritmi sincopati. A garantire la continuità, in questa rivoluzione permanente, ci sono i testi di Mogol, cui bastano una linea melodica d’acchiappo per costruire storie avvincenti.
“Una donna per amico” è un disco di ottime canzoni che hanno segnato l’immaginario: il lungo brano d’apertura “Prendila così”, il cui protagonista potrebbe purtroppo, “anzi spero”, non esser più solo, è un mid-tempo ballabile impreziosito da orchestrazioni eleganti e da una dinamica di vuoti e pieni che evidenzia l’andamento della storia raccontata; “Donna selvaggia donna” è un brano di chiari e scuri, in cui si esplorano le problematiche tra un uomo e la sua donna (leggi: tra Battisti e sua moglie, come visto dagli occhi di Mogol); “Nessun dolore” è una disco travolgente in cui la voce di Battisti spadroneggia.
Accanto a questi tre pezzi forti ci sono purtroppo un po’ di riempitivi, tutti incentrati sul rapporto di coppia: “Aver paura di innamorarsi troppo” è una specie di bossanova-pop, mentre “Perchè no” è un lento terzinato.
A chiudere ci sono “Maledetto gatto”, in cui le chitarre miagolano su un ritmo simpatico e su un testo in cui probabilmente il gatto rompiscatole è Mogol stesso (interpretazione personale), e la dimenticabile “Al cinema”, che è essenzialmente “Dove arriva quel cespuglio” dal disco precedente, con un testo meno interessante.
Chi scrive è piuttosto tiepido riguardo “Una donna per amico”. La ricerca di variazioni personali sulla forma canzone è encomiabile, e tre brani classici del duo sono più che sufficienti a valere almeno un ascolto. Ma al di fuori di quelle tracce l’ispirazione sembra latitare un po’, Battisti ha scritto prima (e scriverà poi) canzoni certamente migliori, e la vena di Mogol sembra piuttosto discontinua.
Ma chi se ne frega, riascoltiamoci ancora una volta “Nessun dolore”, va’.
- Spartaco Ughi
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