lunedì 29 ottobre 2018

Rush: "Hemispheres" (1978)

Il 29 ottobre di quarant'anni fa veniva pubblicato anche "Hemispheres", sesto album in studio dei canadesi RUSH e per molti loro capolavoro assoluto, oltre che il disco che sugella e completa la fase più classicamente prog rock della loro carriera.



(album completo disponibile qui:https://www.youtube.com/playlist?list=PL8UfM7ycll7StRb-Am41a8uUrajEFSqQ7)

"Hemispheres" (1978) è l'album dei Rush che chiude la fase più nota e più progressive della carriera dei canadesi, terzo album della trilogia che comprende anche "2112" (1976) e "A farewell to kings" (1977).

Come il precedente, il trio (Alex Lifeson, chitarra; Neil Peart, batteria; Geddy Lee, basso e voce) lo incide in Galles, allo studio Rockfield, in piena campagna, per non lavorare sempre e solo in Canada e respirare in prima persona la stessa aria dei gruppi di progressive britannico che li avevano ispirati in quegli anni - in primis gli Yes, il cui cantante Jon Anderson aveva certamente influenzato il canto del bassista Geddy Lee.

La struttura del disco ricalca quella di "2112", con un lato occupato da una suite gargantuesca a tema fantascientifico, "Cygnus X-1 Book II: Hemispheres", e l'altro da tre pezzi, due brevi, "Circumstances" e "The Trees", e il terzo un'altra suite che occupa mezza facciata, "La Villa Strangiato", del tutto strumentale.

"Cygnus X-1 Book II: Hemispheres" rappresenta il prosieguo dell'ultima traccia di "A farewell to kings", ovvero "Cygnux X-1 Book I: The Voyage", che raccontava l'ingresso della nave spaziale Rocinante (nome anche del cavallo di Don Chisciotte) in un buco nero. La storia scritta dal batterista Neil Peart prosegue fra bizzarri riferimenti mitologici al conflitto fra ragione (incarnata da Apollo) e cuore (incarnato da Dioniso). Musicalmente si tratta - non sorprendentemente - del pezzo che ha maggiori contatti con "A farewell to kings", sia nella ripresa di temi dalla prima "Cygnus X-1", sia di arrangiamenti che ricordano altri brani dell'LP, con risultati molto buoni (per quanto forse 18 minuti si potessero forse appena scorciare).

"Circumstances" è il brano più breve dell'album, guidato dal fantastico basso di Lee nella strofa ed esaltato da un ritornello dal crescendo drammatico.

Segue "The Trees", una delle più belle canzoni della carriera dei Rush, dal testo ispirato presumibilmente dalla passione di Peart per la scrittrice libertaria e anti-socialista Ayn Rand: si tratta infatti di una allegoria contro le rivoluzioni guidate da un falso egalitarismo comunista (la lotta degli alberi più bassi contro quelli più alti che gli tolgono il sole), che per Peart ha un solo modo di realizzarsi, ovvero abbattendo gli alberi tutti.

Una introduzione folk di chitarra e basso lascia spazio a una cavalcata rock sulla quale si esalta in particolare il batterista, tra fill fenomenali e cambi di passo che conducono a una sezione centrale tipicamente progressive, con influenze genesisiane nell'uso dei sintetizzatori e delle chitarre. Uno stupefacente solo del chitarrista Lifeson conduce a un altro bridge epico-elegiaco e alla ripresa della strofa.

A concludere l'album è lo strumentale "La Villa Strangiato", pezzo di una complessità tecnica enorme, con Peart ancora sugli scudi e Lifeson a tessere alcuni dei riff migliori della propria carriera. La fase centrale in cui, dopo uno strepitoso solo, si ripete il tema ostinato della chitarra che poi esplode in un furioso wah-wah è uno dei momenti più epici del prog di fine decennio.

Dopo due dischi eccellenti, i Rush colpiscono ancora con "Hemispheres" (nonostante la copertina aberrante); seppure a parere di chi scrive il capolavoro assoluto del gruppo resti "A farewell to kings", i Rush confezionano un album eccezionale, forse il loro prodotto tecnicamente più complesso. I canadesi non arriveranno più a livelli così progressive nel prosieguo della loro lunga e gloriosa carriera. Questo non sarà necessariamente un male visto che per esempio i primi dischi del nuovo corso, "Permanent Waves" (1980) e "Moving Pictures" (1982) rimangono due ottimi lavori.

Ma per ogni progger duro e puro, "Hemispheres" rappresenterà la fine del periodo migliore della band, un periodo che non sarà più eguagliato.

- Prog Fox

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