domenica 7 ottobre 2018

Oasis: "Dig out your soul" (2008)

Dieci anni fa arriva anche l'ultimo disco a tutt'oggi pubblicato dagli Oasis, ovvero "Dig out your soul", un lavoro più che discreto che mostra il gruppo britannico ancora in grado di dire qualcosa sulla musica di oggi - come dimostreranno i fratelli Gallagher dopo la loro separazione.



(disco completo a disposizione qua: https://www.youtube.com/playlist?list=OLAK5uy_na4uqIeGCO8_sH4cqsmAU3rwDNzseU8vM)

"Dig Out Your Soul", settimo ed ultimo album in studio degli Oasis è quello che si può definire un buon compromesso.

Non si tratta del sublime canto del cigno che forse avrebbero meritato, ma valutandolo a freddo dopo 10 anni possiamo di certo giudicarlo come uno dei migliori prodotti della prima decade del nuovo millennio, escludendo il difficile ed ingiustamente dimenticato "Standing on the Shoulder of Giants" (2000).

Di certo i fan più esigenti avrebbero richiesto uno sforzo aggiuntivo per quello che è rimasto (per ora) l'ultima fatica degli Oasis: un ritorno alle origini oppure una connessione forte con il passato storico della Band (il fantomatico ritorno annunciato e mai consumato di "Bonehead" e "Guigsy"), ma come tutti sanno fu il drammatico "Dig Out Your Soul Tour" a sancire la fine prematura della Band in quel di Parigi, seguito dall'abbandono di Noel.

Solo ora, a posteriori, possiamo giudicare l'incessante litigio tra i fratelli Gallagher un materiale chimico instabile e destinato a deflagrare, e non come speravano i più negli anni 90', il collante esiziale di un sodalizio artistico con ambizioni da "live forever".

Ei fu, pertanto: Noel abbandonò il tour portando via i resti di una delle sue chitarre preferite, scagliatagli contro dal solito ebbro fratello con aspirazioni cainite. Nella splendida cornice della Città delle Luci, un passo del Maestro ci conforta: "Il faut oublier/tout peut s'oublier/qui s'enfuit déjà".

Tornando all'album, il compromesso emerge in due parti fondamentali: il primissimo ascolto ci regala un'emozione sincera, completa e soddisfacente, tollerando di tanto in tanto orientalismi posticci, lennonsense farlocchi, fantasmi e copie della mitica ultima fase artistica dei Beatles. Sono citazioni infantili che i fan hanno imparato a riconoscere e financo ad apprezzare nel loro lessico sghembo (sull'emulatio Beatlesiana bisognerebbe aprire un capitolo a parte).

Già dal secondo ascolto emerge un particolare dettaglio; "Dig Out Your Soul" è di fatto un album diviso tra i due fratelli. Se fosse esistito un ottavo lavoro avremmo mitigato questo giudizio, ma dato che la storia non si fa con i se, rimane un album che mostra insanabili differenze di stile. Noel e le sue tracce sono ben oltre l'esperienza Oasis, anteprime evidenti di un nuovo modo di concepire la musica: "Falling Down" e "Waiting for the Rapture" sono più vicine agli High Flying Birds, anni luce da "Don't Look Back in Anger" (scontato) ma anche "Sunday Morning Call" sembra venire da un'altra epoca.

"The Turning", anche se eseguita da Liam, è chiaramente un lavoro voluto da Noel per se stesso (andate ad ascoltare la sua Alternative Version #4); "I'm Outta Time", opera autografa di Liam, sembra un alieno caduto da chissà dove, carica di insopportabili Lennonismi del Nostro, proseguiti a ruota libera con gli infausti Beady Eye.

Dimenticabile il singolo promozionale "The Shock of the Lightning", invecchiato precocemente con la sua finta carica rock anni 2000 e con un testo dichiaratamente svogliato. Copia della copia di quel famoso "Lyla" che ritorna a tormentarci.

Assolutamente da recuperare invece il trittico "Ain't Got Nothin", "The Nature of Reality" e "Soldier On", che con un po' di coraggio in più sarebbero potute diventare un eccellente medley in stile Abbey Road, album di confine e quindi in parallelismo perfetto con i loro idoli. Vi consigliamo di ascoltarle tutte d'un fiato partendo dalla prima.

Il giudizio finale è buono, anche se tanta, troppa acqua è passata sotto i ponti. Gli album da solisti, nel bene e nel male, pesano come macigni in questi ultimi dieci anni. L'ipotesi sempre sbandierata di una reunion è diventata un'illusione che ha trasformato i fan in esigenti nostalgici, che chiedono a gran voce il ritorno delle ballate storiche dei primi tre album, quelle che hanno emozionato gli anni 90' e definito lo stile Oasis più puro. L'intransigenza della memoria, che si fa dolore di fronte all'impossibilità del suo ritorno, indurisce i cuori ed inevitabilmente gli anni 2000 sono visti come un lungo mix di scarti e tentativi falliti.

Non è così, ovviamente. Trascendendo giudizi da fan boy, l'album in questione va ripreso e riscoperto, ascoltato e capito, inserendolo nella cornice che gli appartiene di diritto. Dategli una chance, e difficilmente vi lascerà delusi.

- Agent Smith

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