(il disco completo si può ascoltare qui: https://www.youtube.com/watch?v=UnVyrKcg9Qg)
Il secondo album del Battisti “bianco” (inteso come colore delle copertine che caratterizzerà tutti i cinque dischi realizzati con Panella) segna anche la fine di uno dei capisaldi del songwriting del Lucio nazionale: Panella richiede di scrivere i suoi testi prima della musica, in antitesi con quanto fatto con Don Giovanni (e tutti i dischi dell’artista laziale fino allora). Battisti approva, cogliendo l’occasione per infliggere un colpo mortale alla sua fama pop ed alla struttura della forma canzone italiana (che, ricordiamolo, è probabilmente più figlia sua che di chiunque altro).
“L’apparenza” contiene giusto un paio di brani davvero orecchiabili, la
saltellante “Per altri motivi” e la lenta “Per nome”, gli unici brani
il cui tema musicale, per quanto cervellotico, riesca a restare
impresso. Gli stessi testi, ora che Panella si è liberato delle
costrizioni ritmiche delle canzoni, partono per la tangente e
raggiungono l’apice dell’astratto e mai più, nemmeno in “Hegel”,
saranno così oscuri.
E dire che si parla di amore e sesso, nell’opening “A portata di mano” e nella title-track; di problemi di coppia e di mancanza di comunicazione, in “Specchi opposti” e “Allontanando”. Più difficile, almeno secondo questo recensore, stabilire di cosa accidenti parli precisamente “Dalle prime battute”.
Ma è il finale de “Lo scenario” che, probabilmente, ci dà una chiave di lettura: “Dici che non capisci / Ma io so che tutti capiscono tutto / E t'intestardisci / Io sarei un panno nero / Nel salottino scuro /Non c'è acqua né fuochino” (frase che chi scrive identifica come un’ammissione, da parte del duo, di stare coglionando il loro ascoltatore... anche se poi ci si riferisce ad una “lei” non identificata, e quindi chi sa? Magari Panella stava solo coglionando la sua fidanzata dell’epoca).
Se avete letto fino a qui, probabilmente starete cominciando a intuire che questo non è un disco facile. Si ha la sensazione, anzi, che questo disco sia volutamente oscuro ed astratto oltre qualsiasi limite, e non sarebbe balordo affermare che i dischi bianchi siano tanto famigerati specialmente per via di questo album, nonostante la critica ritenga che il percorso del Battisti post-Mogol si allontani sempre più dai sentieri della canzone pop. Noi dissentiamo: già il successivo “La sposa occidentale” sarà incomparabilmente più accessibile di questo, nonostante ne mutuerà in buona misura la forma astratta delle canzoni.
“L’Apparenza” è il giro di boa del duo in bianco: con esso vengono stabilite le regole per i dischi successivi, e forse è proprio grazie ad esso che Battisti imparerà a costruire le melodie anticonvenzionali dei capolavori futuri. “L’apparenza” è un disco difficile, sfuggevole, frustrante, inafferrabile, a prescindere da quante volte lo ascoltiate, e scientemente progettato per essere così.
Prendere o lasciare.
- Spartaco Ughi
E dire che si parla di amore e sesso, nell’opening “A portata di mano” e nella title-track; di problemi di coppia e di mancanza di comunicazione, in “Specchi opposti” e “Allontanando”. Più difficile, almeno secondo questo recensore, stabilire di cosa accidenti parli precisamente “Dalle prime battute”.
Ma è il finale de “Lo scenario” che, probabilmente, ci dà una chiave di lettura: “Dici che non capisci / Ma io so che tutti capiscono tutto / E t'intestardisci / Io sarei un panno nero / Nel salottino scuro /Non c'è acqua né fuochino” (frase che chi scrive identifica come un’ammissione, da parte del duo, di stare coglionando il loro ascoltatore... anche se poi ci si riferisce ad una “lei” non identificata, e quindi chi sa? Magari Panella stava solo coglionando la sua fidanzata dell’epoca).
Se avete letto fino a qui, probabilmente starete cominciando a intuire che questo non è un disco facile. Si ha la sensazione, anzi, che questo disco sia volutamente oscuro ed astratto oltre qualsiasi limite, e non sarebbe balordo affermare che i dischi bianchi siano tanto famigerati specialmente per via di questo album, nonostante la critica ritenga che il percorso del Battisti post-Mogol si allontani sempre più dai sentieri della canzone pop. Noi dissentiamo: già il successivo “La sposa occidentale” sarà incomparabilmente più accessibile di questo, nonostante ne mutuerà in buona misura la forma astratta delle canzoni.
“L’Apparenza” è il giro di boa del duo in bianco: con esso vengono stabilite le regole per i dischi successivi, e forse è proprio grazie ad esso che Battisti imparerà a costruire le melodie anticonvenzionali dei capolavori futuri. “L’apparenza” è un disco difficile, sfuggevole, frustrante, inafferrabile, a prescindere da quante volte lo ascoltiate, e scientemente progettato per essere così.
Prendere o lasciare.
- Spartaco Ughi
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