Il 25 ottobre di cinquant'anni fa esce il debutto su LP di una band che farà la storia del progressive rock: "This was" dei Jethro Tull. Il disco è quello di una formazione che superficiamente appare ancora compresa all'interno della seconda onda di blues rock britannico, ma che in realtà ha elementi progressivi e jazz che rimandano all'influenza di pionieri come Traffic e Family.
(cd completo con pezzi bonus --> )
I Jethro Tull nascono come gruppo di blues rock nel 1963 a Blackpool col nome di The Blades per impulso di tre musicisti: il cantante e chitarrista Ian Anderson, nato nel 1947 in Scozia e cresciuto a Edimburgo prima di trasferirsi a 13 anni con la famiglia nella ridente (?) città costiera dell’Inghilterra settentrionale; il bassista Jeffrey Hammond (classe 1946); e il pianista John Evans (classe 1948).
Cambiato nome in John Evan Band nel 1964 e divenuti un sestetto (fra i musicisti c’è un certo Barrie Barlow alla batteria) iniziano a lavorare nel giro dei locali inglesi e arrivano a Londra nel novembre 1967, dopo che Hammond ha lasciato la band per studiare pittura.
Presto della band originale rimane solo Ian Anderson: la formazione viene completata da un altro amico di Blackpool, il talentuoso bassista Glenn Cornick (classe 1947), dal cantante-chitarrista blues Mick Abrahams (classe 1943) e dal suo amico Clive Bunker, batterista (classe 1946). Ma Hammond, Evan e Barlow torneranno nella nostra storia tra un paio di dischi.
Nel frattempo il gruppo, che perso John Evan non ha più un nome, firma con i manager Chris Wright e Terry Ellis, due giovani innovativi che presto fonderanno una piccola ma importante etichetta indipendente, la Chrysalis. Per poter ritornare a suonare in locali dove sono già stati e a cui non sono piaciuti a sufficienza da essere richiamati, si presentano ogni volta con nomi diversi. Uno dei tanti nomi è “Jethro Tull”, un agronomo inglese del diciottesimo secolo, che diventa il loro nome definitivo nel momento in cui piacciono abbastanza a un club da essere richiamati per suonare di nuovo. Buffa la sorte, talvolta.
È con questo epiteto che incidono il primo singolo “Sunshine Day” e lo pubblicano nel febbraio del 1968.
Nel frattempo Anderson, oltre ad accompagnare Abrahams come seconda chitarra, ha iniziato a suonare il flauto traverso, ispirato dall’opera del jazzista Roland Kirk. Il look da barboni del complesso e la teatralità istrionica del flautista (che tra le altre cose suona su una gamba sola) diventeranno un marchio di riconoscimento che contribuisce alla loro fama nel giro degli appassionati. Segue come nelle migliori storie un contratto discografico con la neonata Chrysalis (d'altronde se non riesci a ottenere un contratto manco con l'etichetta dei tuoi manager è meglio andare a coltivare patate, come il Jethro Tull originale), e a ottobre esce il loro primo album, “This was”.
Il gruppo è già proiettato fuori dal talvolta ristretto ambito del blues britannico, la direzione è influenzata sia dal rockblues psichedelico dei Cream sia, soprattutto, dal proto-progressive di Family e Traffic, in cui blues, jazz, rock, folk, soul si mescolano senza soluzione di continuità in modo eterogeneo e creativo.
Per quanto un paio di pezzi siano cover (in particolare, scelta inusuale e perfettamente riuscita quella di “Serenade for a Cuckoo” del jazzista afroamericano Roland Kirk), la gran parte del materiale è composto da Ian Anderson e Mick Abrahams, qualcosa che li distingue dalle blues band britanniche di seconda generazione quali Fleetwood Mac, Juicy Lucy, Savoy Brown, che all’inizio tendevano a incidere solo cover (e spesso delle stesse quattro canzoni).
Tra i pezzi dell’album spiccano alcuni brani eccelsi come il singolo di lancio del disco, la geniale, estroversa “Song for Jeffrey”; il pezzo di apertura, l’hard blues di “My Sunday Feeling”, in cui emerge lo stile al basso del brillante Glenn Cornick, sia nell’introduzione che nelle citazioni del tema della Pantera Rosa di Henry Mancini in finale di pezzo; e l’elaborata “Beggar’s Farm”, blues rock anticonvenzionale che già ha sapore di progressive anni settanta.
Sono invecchiati meno bene i blues “Some day the sun won’t shine for you”, “Move on alone” e “It’s breaking me up”; risultano gradevoli invece gli altri tre strumentali del disco, “Dharma for One”, essenzialmente un pretesto per un assolo di batteria di Bunker, “Cat’s Squirrel”, ripresa dai Cream, che mette in mostra le qualità di Abrahams all’elettrica, e la brevissima “Round”, un minuto di riempitivo in chiusura di album.
Più interessanti risultano così tre brani pubblicati su singoli dell’epoca e inclusi nelle versioni cd rimasterizzate del disco, cioè “One for John Gee”, un breve jazz blues in cui ognuno dei quattro musicisti incide un proprio solo; “Love Story”, un altro rock inclassificabile e fuori dagli schemi melodici tradizionali, pur se radicato in certo blues; e soprattutto “Christmas Song”, primo attacco alle religioni organizzate da parte di Anderson, declinato in un folk rock originale che sarà cifra stilistica del cantante e della band per tutta la sua esistenza. Sostituendo questi tre pezzi ai tre corrivi blues summenzionati, si sarebbe probabilmente ottenuto un disco eccellente invece che un esordio più che discreto.
A dicembre, Abrahams lascia la formazione: che fosse impossibile per due galli trovarsi nello stesso pollaio, che fosse difficile lavorare con un dittatore come Anderson, o altro, il chitarrista decide di formare una nuova band di blues progressivo con un flautista (Jack Lancaster), i Blodwyn Pig.
Dopo avere assunto come rimpiazzo prima David O’List (ex-Nice) e poi Tony Iommi (il futuro chitarrista dei Black Sabbath), che rimangono entrambi per pochi giorni, Anderson & soci trovano il nuovo chitarrista nel bluesman Martin Barre (Birmingham, 1946), un fanatico della scala pentatonica, che suona con i Jethro Tull per la prima volta il 30 dicembre del 1968.
La scelta sarà giusta, perché Barre rimarrà l’unico compagno di avventura sempre presente al fianco di Anderson fino al 2012.
- Prog Fox
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