sabato 8 settembre 2018

Ultravox: "Systems of Romance" (1978)


L'8 settembre di quarant'anni fa usciva "Systems of Romance", terzo album dei fondamentali Ultravox (Official), e ultimo in cui troviamo la diarchia dei leader John Foxx (voce) e Billy Currie (tastiere, violino), prima che la lotta per il potere estrometta Foxx dalla band (e porti alla rimozione del punto esclamativo a conclusione del nome Ultravox!) e lo sostituisca con Midge Ure.
Gli Ultravox! degli anni ’70 furono una delle band portabandiera della New Wave inglese, fondatori o pionieri di correnti artistiche di enorme successo nel decennio successivo (basti pensare al New Romantic e al Synthpop).

La prima fase del gruppo, quella anni ’70 appunto, terminerà poco dopo il tour di questo “Systems of romance”, a causa della frattura artistica tra il cantante John Foxx, fautore di uno stile gelido e minimale, e il violinista/tastierista Bill Currie, votato ad un songwriting intriso di atmosfere epiche e arrangiamenti sofisticati.

Come spesso accade, il totale è più della somma delle parti, e il compromesso raggiunto in questo disco è l’apice della collaborazione/guerra tra le due anime della band, nel frangente in cui l’avvicendamento tra il vecchio chitarrista Stevie Shears e il nuovo Robin Simon, più versatile e tecnico, è appena avvenuto.

Basti pensare all’apertura di “Slow Motion”, in cui il ritmo incalzante della sezione ritmica segna la strada per gli intrecci obliqui di synth e chitarra creando vento gelido che insegue il Bowie più eroico.

Se c’è ancora ampio spazio per il postpunk propriamente detto (“Someone else’s clothes”, “Some of them”) e per l’ulteriore esplorazione di ritmi e strutture già esplorate dalla band (“Quiet man”, per esempio, è un’iterazione di “Hiroshima mon amour” che siamo comunque felici di ascoltare) è innegabile che le melodie ariose di Currie siano sempre più centrali, per esempio in “Maximum acceleration” e “When you walk through me”.

Inspiegabile, d’altro canto, la presenza di due brani quasi identici, perlomeno per atmosfera e ritmo, in apertura: “I can’t stay long” è davvero troppo simile all’opening per non sfigurare nel confronto, pur non essendo di per sé una brutta canzone.

Se c’è un singolo brano che vale la pena ricordare di “Systems of romance”, tuttavia, non si può che nominare “Dislocation”, forse la singola, più importante canzone mai edita a nome Ultravox!: un autentico archetipo di canzone synthpop, già tinta delle sfumature dark di dischi come “Black Celebration” dei Depeche Mode (ritornello corale incluso).

La chiusura di “Just for a moment” rimane come ultimo commiato per John Foxx, la cui carriera sperimentale proseguirà negli anni ’80. Gli Ultravox! perderanno il loro punto esclamativo e acquisiranno un nuovo cantante/chitarrista, più allineato alle idee di Currie, grazie al quale produrranno un altro paio (almeno) di dischi importanti.

- Spartaco Ughi

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