lunedì 24 settembre 2018

TV on the Radio: "Dear Science ," (2008)

Anche oggi ritorniamo a dieci anni fa, quando a settembre uscì "Dear Science,", terzo album degli americani TV On The Radio. Una delle più importanti band 'indie' degli Anni Zero, i TV On The Radio producono un successore degno dell'ottimo "Return to Cookie Mountain" del 2006, e ci lasciano col dubbio su quale dei due sia il massimo capolavoro della loro carriera.



(cd disponibile qui per l'ascolto: https://www.youtube.com/playlist?list=OLAK5uy_lH5iLGPnNV2rpqFRhLlju-n64tXSGkOkA)



Il quarto album dei TV on the Radio viene pubblicato quando ancora non si è smaltito il precedente ("Return to Cookie Mountain", 2006), la cui esplorazione richiede una certa dose di impegno e
concede pochi appigli. Si procede col nuovo rischiando quindi di farlo risultare indigesto a prescindere. Il prodotto finale è invece uno degli ascolti più interessanti del decennio ‘00.

"Dear Science," parte subito con un impeto maestoso ("Halfway Home") nel quale i TVOTR si riconoscono subito. Eppure si nota che non è una minestra riscaldata, anzi. Le canzoni, una più bella dell’altra, partono tutte dallo stesso brodo che viene gradualmente lavorato, condito e raffinato in maniera diversa per ogni pezzo con motivi e melodie diversificate man mano che si opera sul substrato successivo, fino agli eccessi delle decine di piste vocali per tre note in croce. Il modus operandi è proprio quello della sedimentazione, di cui "Dancing Choose" è l’esempio principe.

Rispetto al passato e grazie a una produzione curatissima e impegnativa, l’album è anche più orecchiabile ("Family Tree" al primo ascolto è già accessibile). Si è mantenuta la barra anche sulla qualità: questo lavoro è ancora migliore. C’è
soddisfazione e godimento ad ogni ascolto, dal primo al milionesimo. "DLZ" su Youtube in loop notturno per ogni evenienza.

I riferimenti ci sono e tanti, come le influenze e i richiami (David Bowie, Pixies…), i generi sperimentati sono tantissimi e così bene che farne un’analisi troppo clinica sarebbe come insolentire un lavoro che riesce a depositare una sintesi elaborata, divertente e duratura; e che si nega proprio per questo alle auscultazioni fredde e alle misurazioni da becchini, ma richiede invece leggerezza e sensibilità, oltre alla
consueta voglia di scavare e di sporcarsi le mani.

- Piro

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