Trent'anni fa oggi usciva "Peepshow", ottavo album di Siouxsie And The Banshees. Disco eclettico e moderno, porta la band alla sua ultima fase e alla sua ultima lineup.
Contaminate
irrimediabilmente dalla sensibilità pop di Robert Smith, Susi e le sue
Banshees buttano fuori il chitarrista Carruthers (sostituito da Jon
Klein, il fondatore della Batcave di Soho)
dopo "Through the looking glass", un disco di cover che per me è di
base sempre na zozzeria. Chiaro che non si torna indietro alla fase più
dark e sperimentale, il pop insidia ogni canzone, però che male c'è?
Il
male si sente con "Peek-a-boo", singolone che sfonda in America e che è
una roba dance che mamma mia manco i peggiori Duran Duran. Per fortuna
il resto del disco è di buon livello, la terna "The Killing
Jar"-"Scarecrow"-"Carousel" riesce a spaventare con quello che di fatto è
una versione dark del synth pop. Il discorso prosegue anche più avanti
con "Rawhead and bloody bones", splendida, e "Rhapsody".
Martin
McCarrick, nuovo tastierista, ci piace quando implemente il
violoncello, meno quando usa la fisarmonica. Meno riuscite ma non
vomitevoli le divagazioni world music di "Turn to stone" così come il
rockabilly di "Burn-up"; l'esperimento riesce finalmente in "The Last
Beat of My Heart", in cui Siouxsie Sioux abbandona completamente le
proprie tonalità cupe per darsi a una vocalità romantica e sensuale.
La
Susi e le sue Banshees ebbero il favore della critica per tutta la
carriera, quindi non sorprende che si parli bene anche di questo disco;
ho il sospetto che i critici però non abbiano ascoltato né il primo
disco né nessuno dei successivi, e che la Susi poteva incidere un
capolavoro del punk, un disco di pop squallido o uno di piatti rotti e
le recensioni sulle prestiggggiose riviste musicali sarebbero state le
stesse.
Un atto di coraggio da parte nostra
richiede prendere una posizione; possiamo dire questo: per poco meno di
metà è un disco un po' inconsistente, con arrangiamenti fuori fuoco
soprattutto quando usano roba world; per buona metà abbondante è un buon
disco, dalla potente e riuscita componente melodica, che arriva forse
un po' fuori tempo massimo per salvare il pop inglese nato dalla new
wave. Non è un sellout, quanto la volontà di una evoluzione che
proseguirà per altri due album prima di interrompersi con "The Rapture"
nel 1995.
Ma questa è un'altra storia.
- Red
(disco completo qui: https://www.youtube.com/playlist...)
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