giovedì 20 settembre 2018

Procol Harum: "Shine on brightly" (1968)

Nel settembre di cinquant'anni fa usciva "Shine on brightly", secondo album in studio dei britannici Procol Harum, uno dei gruppi fondamentali per la nascita e lo sviluppo del primo progressive. L'album presenta una delle prime suite del genere, "In held twas in I", che copre quasi una intera facciata.



(cd rimasterizzato con una valanga di bonus inutili disponibile qui: https://www.youtube.com/watch?v=KA4ln1PGMEc)

A un anno di distanza dal debutto omonimo (in USA pubblicato come “A whiter shade of pale” per sfruttare la popolarità del singolo di successo), i Procol Harum continuano spediti la loro marcia di avvicinamento al progressive rock moderno, partendo dalle loro basi blues e psichedeliche.

La combinazione pianoforte-organo-chitarra post-hendrixiana domina ancora il sound, intriso della robusta passione classico-romantica del leader, il cantante e pianista Gary Brooker (caratterizzato da un pregevole timbro blue eyed soul) e dell’organista Matthew Fisher (grande amante di Bach) e di quella per Jimi Hendrix del discreto chitarrista Robin Trower, che negli anni settanta darà addirittura lezioni di bending a Robert Fripp dei King Crimson.

Completano la formazione il sensazionale batterista BJ Wilson, dal sound unico, e il bassista Dave Knights, mentre i testi visionari sono forniti dal poeta Keith Reid.

“Quite rightly so” e “Shine on brightly” continuano la vena psichedelica del gruppo, rappresentando veri e propri momenti di passaggio fra il rock psichedelico inglese e il nascente progressive, con risultati notevoli soprattutto all’organo. “Ramblin’ on” ci mostra una vena più riflessiva della formazione, struggente nella musica dominata dal pianoforte ma assolutamente sarcastica nei testi surreali.

“Skip softly” e “Magdalene” sono invece i pezzi in cui la band vuole apparire più brillante e umoristica, nel primo caso ricorrendo a una musica quasi circense e nel secondo facendo a pezzi con voci e suoni bizzarri un dolce tema romantico; in questo contesto musicale appare un po’ fuori luogo il retro r&b “Wish me well”.

Tutte queste brevi canzoni, caratterizzate da una discreta inventiva tematica e da buoni arrangiamenti, occupano il lato A; sul lato B si lascia invece il passo a una gigantesca suite di 18 minuti, “In held twas in I”, che si può tranquillamente considerare il primo grande affresco progressive britannico, pur con i suoi limiti ed errori che pure verranno riprodotti meticolosamente da infinite band loro eredi.

Se i temi musicali restano buoni se non eccellenti (il “Gran Finale” della suite è davvero il primo capolavoro progressive, ispirato questa volta a Haydn, Minuetto al Rovescio dalla Sonata per Pianoforte No. 24 in La maggiore), infatti, verbose parti parlate appesantiscono un po’ quello che con qualche accorgimento avrebbe potuto essere un brano ancora migliore.

Con “Shine on brightly” i Procol Harum si confermano ancora uno dei più interessanti complessi britannici della fine degli anni Sessanta e una tappa obbligata da approfondire per chiunque ami il progressive rock dei Settanta. Il "Gran Finale" della suite, in particolare, ispirerà Pete Townsend nella creazione della "Overture" di "Tommy", McDonald & Giles per "Birdman", i Pink Floyd di "Atom Heart Mother" e molti altri.

- Prog Fox

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