sabato 18 agosto 2018

Who: "Who are you" (1978)


Ottavo disco in studio degli Who e ultimo della formazione originale, una delle più importanti e creative formazioni della storia del rock and roll, "Who are you" è un disco che suona intensamente doloroso per le condizioni in cui fu registrato, pubblicato e promosso. 



A posteriori, tutto il senso dell'album rimane totalmente dominato dalla morte per overdose di pillole contro l'alcolismo di Keith Moon, uno dei più bizzarri, eccentrici e dotati batteristi del rock del secondo Novecento, avvenuta il 7 settembre, tre settimane dopo l'uscita dell'LP.

I due compositori del gruppo, il chitarrista Pete Townshend e il bassista John Entwistle, hanno metabolizzato il passaggio dei trent'anni con il precedente "The Who by Numbers" (1975) e sono sopravvissuti alla breve ma intensa botta data dal punk rock: i punk sono durati una stagione, si tornano a usare tastierine ed elettronica, e gli Who sono sempre stati percepiti come dei duri.

Townshend sente di non dovere nulla a nessuno e fa musica esattamente come prima, tornando alle atmosfere più hard prog di un disco come "Quadrophenia", come si intuisce dall'uso di tastiere, sintetizzatori (in parte suonati dall'amico Rod Argent) e arrangiamenti di archi. La musica è generalmente complessa, multistrato, arrabbiata e delusa e saldamente ancorata al rock sanguigno della band.

Le sessioni di registrazione sono tormentate come lo è il suono che ne risulta: il cantante Roger Daltrey fa svenire con un cazzotto in faccia il co-produttore Ted Astley che ha esagerato con gli archi in una traccia; Keith Moon è ingrassato a causa dell'abuso di alcool e non riesce quasi a suonare per mancanza di lucidità, con Townshend che minaccia di buttarlo fuori se non si da una regolata e si ripulisce.

Paradossalmente, questo tentativo di ripulirsi finirà appunto con la sua morte tragicomica: un medico gli fornisce delle capsule da prendere quando sente l'impulso di bere, con la raccomandazione di non prenderne più di tre al giorno. Una sera ne assume trentadue; la dose mortale per un uomo è di sei pasticche.

Prima che questo avvenga, il disco esce: armonie vocali con incroci fra le tre voci di Daltrey, Townshend ed Entwistle, riff devastanti di chitarra e basso, modernità e tradizione convivono in un disco di hard rock adulto che avrebbe potuto aprire una nuova, creativa fase per la band inglese.

Pezzi come "Had enough" e "905" (entrambe di Entwistle), "Sister Disco", "Music must change" e la conclusiva "Who are you" (di Townshend) sono brani di altissimo spessore, che pur non toccando i vertici assoluti del complesso mostrano la band ancora capace, per un'ultima volta, di comporre un'opera d'arte magistrale e rilevante nel panorama del suo tempo.

Chissà cosa sarebbe potuto essere senza la morte di Keith Moon quel 7 settembre: una morte che prefigura il fato di un'altra enorme band britannica, sorella minore (quantomeno per età) degli Who, ovvero di quei Led Zeppelin che due anni dopo vedranno spegnersi in circostanze molto simili il proprio batterista John Bonham.

Due morti che pongono definitivamente fine all'epoca dell'hard rock britannico degli anni settanta che Who e Led Zeppelin avevano creato e plasmato per oltre un decennio.

- Prog Fox

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