sabato 18 agosto 2018

David Byrne & Brian Eno: "Everything that happens will happen today" (2008)

L’ultima volta che avevano co-firmato un album, Eno e Byrne avevano prodotto il moloch di sperimentazione proto-world music dal titolo “My life in a bush of ghosts” (1980), continuando a lavorare insieme ai dischi dei Talking Heads per qualche anno ancora, abortendo qualsiasi altro tentativo di collaborazione. Flash forward al 2006. 
 


Eno ha alcune tracce abbozzate nel suo archivio, scritte nell’ultimo decennio: si tratta in larga parte di canzoni pop solari, che vorrebbe colorare nei toni caldi e pieni di speranza del gospel. Non sentendosi però in grado di scrivere (né interpretare) testi simili, chiede aiuto all’amico David, col quale hanno avuto qualche trascorso nel campo della reinterpretazione della musica nera attraverso la lente della sensibilità “bianca”.

Messi da parte il sarcasmo e la vena vagamente cinica che ha caratterizzato le loro vecchie joint-venture, Byrne scrive testi che traboccano di ottimismo anche di fronte alle difficoltà, al male del mondo, ed alla caducità di tutto ciò che è umano (del resto l’età avanza anche per i mostri sacri). Il risultato è questo “Everything that happens will happen today”, electro-pop alternativo di grande fattura, fresco ed immediato.

L’opening “Home”, per esempio, è un mid-tempo languido in cui strati di synth e batterie elettroniche si avvitano attorno ad un semplice riff di chitarra acustica; la stessa chitarra acustica resta ben al centro della seguente “My big nurse”, meno arrangiata ma non meno dolce. A questo tipo di vibrazioni si rifà buona parte del disco (“Everything that happens”, “One fine day”, la conclusiva “The lighthouse”).

A spezzare il ritmo ci pensano brani come il singolone “Strange Overtones” e la frenetica “Poor boy”, la cui appartenenza al canzoniere del duo di autori è riscontrabile ad occhio nudo anche da un’altra galassia (e questo non può che essere un bene), e dimostra che gli stilemi codificati dai due alla fine degli anni ’70 sono ancora freschissimi dopo aver applicato una veloce mano di vernice sonora, incapaci di suonare vecchi anche a 30+10 anni di distanza.

Ci si accorge di ciò specialmente per via di “Life is long” e “The River” (ma quante sono le tracce di Eno che parlano di fiumi?), due canzoni dalla struttura piuttosto classica, cavalcata rock la prima e soul denso di ottoni la seconda, che suonano squisitamente vintage in un album altrimenti scritto e prodotto per essere contemporaneo.

Come contraltare, completano la tracklist due brani più sperimentali come la lunga immersione nell’oscurità di “I fell my stuff”, e il pop un po’ sbilenco di “Wanted for life”; quest’ultima forse l’unica traccia debole di un album altrimenti impeccabile.

Impeccabile, nel senso che porta a compimento il progetto degli autori di costruire delle canzoni semplici ed emozionanti: i testi di Byrne sono intelligenti e completano le atmosfere acquerellate di Eno in maniera sommamente soddisfacente. L’immediatezza di queste canzoni potrebbe sobillare delle critiche per mancanza di profondità: in “Everything that happens will happen today” tutto è rivelato al primo ascolto, in una calda luce tardo-estiva in cui le zone d’ombra sono poche ed inoffensive. Se questo per voi è indigesto, forse potreste voler passare oltre.

Almeno per il momento. Verrà forse, anche per voi, un giorno in cui avrete voglia di atmosfere che vi consolino senza essere stucchevoli, che vi trasmettano pace e speranza senza cadere nei soliti, stronzissimi cliché, e soprattutto conservando una qualità di songwriting molto superiore alla media: quel giorno, magari, troverete in questo disco l’oasi che state cercando. E saprete che potete ritornarvi, nei momenti in cui vi servirà.

- Spartaco Ughi


(qui il disco completo: https://www.youtube.com/watch?v=bY7Dbm2_MIU)

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