sabato 25 agosto 2018

Lauryn Hill: "The Miseducation of Lauryn Hill" (1998)

Un pellegrinaggio doveroso anche per gli adepti di altre chiese, una tappa obbligata per chiunque abbia a cuore le vicende della produzione musicale legata a quel periodo incasinato, fertile e misteriosamente qualitativo che fu l'ultimo decennio del secolo scorso.




Questo l'incipt incollato - come l'etichetta "Parental Advisory" - a questo epocale e monumentale capolavoro: "The Miseducation Of Lauryn Hill", asso pigliatutto al momento della sua uscita e tuttora seminale punto di convergenza di storie passate e programmi futuri.

Tutto è conseguenza, in questo passaggio della vita di Ms Lauryn Hill, del passato e tutto è mattone per la costruzione del futuro: l'eredità marleyana (nella cultura e negli amori), la gravidanza in corso, il clan esteso, le radici.
Un punto di singolarità in un flusso fatto di carni, anime, ritmi; una pietra miliare che dice al mondo intero a che punto è il cammino, il proprio cammino
e quello della propria comunità.
Cammino fatto di amore, di nuove generazioni che ascoltano e parallelamente insegnano: intermezzi del disco sono non a caso "speech" nei quali un insegnante discute con la sua classe di temi semplici ed universali (amore, fede).
Il flusso scorre ed il fiume in piena percorre tutte le anse della black music, fertilmente contaminata da pop, soul, hip hop, r&b e - soprattutto - dal cuore di
un intero popolo in marcia.

I "Fugees" appaiono subito territorio alieno e distante quando si parte con il beat clamoroso di "Lost Ones" (instant classic) e ci si addolcisce con il soul irrinunciabile e cristallino di "Ex-Factor".
Mentre il viaggio verso il futuro (Zion, meta ultima) accoglie sicuramente graditi ospiti (su "To Zion" si imbarca Carlos Santana), è certo che il presente è comunque già splendente e irresistibile: "Doo Wop" è un delitto perfetto, singolo mirabile e caleidoscopio di talenti e magie.

Talenti e magie che si dipanano senza alcun risparmio in tutte le tracce del disco, in cui il filo conduttore sembra essere sempre quello di una ritrovata
e rinforzata identità, personale e di gruppo.
"When It Hurts so Bad"/"I Used To Love Him" sono ad esempio una seduta di autocoscienza, dove la Hill percorre le strade del distacco e della ricostruzione/affermazione personale, che è la chiave di lettura di tutto il disco.
Ricostruzione personale sempre, sia ovvio, in un contesto di "brotherhood" e di vicinanza (fisica o spirituale) alla comunitià e alla famiglia ("Forgive Them Father"/"Every Ghetto, Every City", quest'ultima deliziosa autobiografia con solido hand-clapping in accompagnamento).

Ma lasciando pure da parte l'esame dei fini ultimi, impliciti o espliciti, dell'opera quello che si consiglia vivamente è di lasciarsi avvolgere e commuovere
da questo cartello posto al crocevia, ad indicare la strada.
O meglio: ad indicare tutte le strade possibili, da ricercare nel proprio animo, nel profondo del proprio vissuto.
La title track, cantata a cuore aperto, parla infine ancora una volta di passato, futuro e risposte, lasciandoci con l'ultima e più sincera verità:
"..and deep in my heart / the answer it was in me". Buon cammino, buon presente, buon futuro.

- il Compagno Folagra


(disco completo disponibile qui: https://www.youtube.com/playlist?list=OLAK5uy_lRo6wUst04Buqa-V-E55zmc2Dl_571ROs)

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