martedì 14 agosto 2018

Incredible String Band: "Wee Tam and the Big Huge" (1968)


Un disco doppio di folk psichedelico che trabocca da tutte le parti. Spesso noioso, ma con troppe buone idee per essere cassato. Certo la Incredible String Band avrebbe avuto bisogno di qualcuno che la tenesse a freno, invece di lasciargli mettere su nastro qualsiasi cosa gli venisse in mente di incidere.

 

Da dove cominciare per parlare di questo mostro della musica folk? Un disco doppio di folk psichedelico che trabocca da tutte le parti - spesso noioso, ma con troppe buone idee per cassarlo del tutto

Mike Heron e Robin Williamson avrebbero avuto bisogno di qualcuno che li tenesse a freno, invece di lasciargli mettere su nastro qualsiasi cosa gli venisse in mente.

In generale l'album è ancora più destrutturato del precedente (a parere di chi scrive forse il capolavoro assoluto di tutto il folk rock britannico, "The Hangman's Beautiful Daughter" del 1967) . Il problema è che le idee e le melodie di "Wee Tam and the Big Huge" sono sparse in un'ora e mezza fra i due LP, il che potrebbe anche essere accettabile, se queste idee non dessero la sensazione di essere state poco sviluppate. Molti brani presentano giri di accordi che si ripetono all'infinito, con solo occasionali momenti davvero pregnanti.

Si prenda per esempio il brano di apertura, "Job's Tears". Dopo una lunga introduzione in crescendo, si arriva a uno dei momenti più intensi dell'album, il ritornello in cui cantano 'Stranger than that we're alive'. Questo avviene a 3'35'' e il momento di gloria dura per trenta estatici secondi, dopodiché i nostri tornano a strimpellare la chitarra acustica per altri tre minuti ripetendo l'introduzione fino a che il brano non si spegne nella noia più totale.

Ecco, la metà dei brani del disco è così, come se nel loro delirio mistico hippie i nostri amici non sapessero mai quando posare le loro chitarre acustiche e smettere di ripetere i loro accordi.

Poi certo, ci sono momenti sublimi come il canto corale di "The Mountain of God", accompagnato solo dall'organo, o il folk fortemente influenzato dalla religione indiana di "You get brighter" (il vertice assoluto del disco, i cui sei minuti sono guidati da ben quattro idee melodiche, con un ritornello meraviglioso - tanto per dire che una traccia da seguire per tutti i brani in realtà ce l'avevano), ma sicuramente il disco non è all'altezza del capolavoro precedente.

Forse, sapendo quanto potesse essere difficile replicarne il successo, Heron e Williamson si sono limitati a incidere ogni cosa che passasse loro per la testa, sperando che nel complesso ne uscisse qualcosa di altrettanto buono; ma qui manca completamente il labor limae: nessun brano ha la complessità né la sovrabbondanza di melodie e gli arrangiamenti ultradensi del disco precedente.

Il che non significa che il disco non sia bello, significa solo che manca di labor limae. Ma resta consigliato agli amanti del folk più creativo, e della band.


- Prog Fox


LP 1: "Wee Tam"
LP 2: "The Big Huge"

Nessun commento:

Posta un commento

ARTISTI IN ORDINE ALFABETICO:   #  --  A  --  B  --  C  --  D  --  E  --  F  --  G  --  H  --  I  --  J  --  K  --  L  --  M  --  N  --  ...