martedì 28 agosto 2018

Fabrizio de André: "Tutti morimmo a stento" (1968)

Il ventottenne Fabrizio de André è arrivato nel 1967 al suo primo LP; giunge così al 1968 pieno di entusiasmo e idee, e lavora contemporaneamente a due dischi: uno è il debutto su LP dei suoi conterranei New Trolls, "Senza orario senza bandiera", che produce e di cui cura i testi ed è coautore di alcune canzoni; l'altro è il suo secondo album, "Tutti morimmo a stento", quello in cui la sua poetica di difesa e comprensione degli ultimi tocca il nadir della condizione umana in un abbraccio compassionevole e straziante.



Non ci sarà un disco più pessimista e doloroso in tutta la discografia di De André: a partire da "Cantico dei drogati", testo rielaborato dal cantautore a partire da uno scritto dell'amico Riccardo Mannerini, è tutto un susseguirsi di figure e situazioni tragiche. "Ballata degli impiccati" denuncia la giustizia punitiva e la pena capitale; "Leggenda di Natale" racconta la perdita della purezza spirituale di una donna sedotta e trasformata dal denaro di un corteggiatore; "Inverno" parla della morte e del ciclo delle stagioni (in una intervista di quegli anni disse: "una persona comune [...] mentre vive si imbatte diverse volte in questo genere, in questo tipo di morte [...] prima di arrivare a quella vera. Così, quando tu perdi un lavoro, quando tu perdi un amico, muori un po'; tant'è vero che devi un po' rinascere, dopo"); "Girotondo" è una potente satira antimilitarista.

L'unità concettuale e musicale dell'album, fortemente voluta da De André dopo l'ascolto di "Days of future passed" dei Moody Blues, sfrutta la loro idea di un legato orchestrale fra ogni brano, ma con una variante: il tema musicale è rock sinfonico (e non solo orchestra), sempre lo stesso, e presenta un breve testo cantato.

Fondamentale per tutto il disco la collaborazione dei fratelli Gian Piero e Gianfranco Reverberi alla produzione, alla direzione orchestrale, agli arrangiamenti e - nel caso di Gian Piero - anche alla stesura dei brani. Oltre ai Moody Blues, la maggiore influenza sul disco è quella di Ennio Morricone: non solo nella "Ballata degli impiccati", che potrebbe far parte di una colonna sonora di Sergio Leone per tema, testo e musica, ma anche nella scelta e nelle modalità delle orchestrazioni di ogni brano. L'ispirazione del grande compositore di colonne sonore romano è evidente e rimarrà nella produzione di De André almeno fino a "Storia di un impiegato" (suo sesto album del 1973).

 A conclusione del disco sta una delle più belle eredità lasciate dal pensiero e dalla penna di De André: la coppia "Recitativo/Corale" (con la sua citazione musicale di Bach), sei minuti di poesia pura che si incastonano e alternano al coro che canta la favola del re triste "che aveva tutto" eppure era infelice, e che percorrendo una galleria di umanità deforme, debole, debilitata, ci ricordano la vicinanza e la sovrapposizione che sempre esiste fra vittima e carnefice e invocano per chi, per fortuna, caso, circostanze si trovi (sempre temporaneamente!) a giocare il ruolo di vincitore, la comprensione e l'esercizio della pietà e della pietas che sono la più alta espressione possibile del nostro essere umani,

"poiché all'ultimo minuto non vi assalga il rimorso ormai tardivo per non aver pietà giammai avuto e non diventi rantolo il respiro".

- Prog Fox

(il disco completo si trova qui: https://www.youtube.com/playlist…)

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