martedì 28 agosto 2018

Devo: "Q: are we not human? A: we are devo" (1978)

I gruppi che vengono dall'Ohio mi hanno sempre dato l'idea che il posto fosse piuttosto inquietante. Da quello stato provengono Dead Boys, Pere Ubu, Nine Inch Nails e, più di recente, Maynard Keenan di Tool e Perfect Circle, e i Black Keys, nonché i protagonisti di questa storia, ovvero i Devo, profeti della de-evoluzione.


Nel 1978 i Devo sono formati da due coppie di fratelli, Bob e Mark Mothersbaugh (chitarra e voce/tastiera) e Bob e Gerald Casale (chitarra e basso), e dal batterista Alan Myers. Inviata tramite amici una cassetta demo a Bowie e Eno che se ne stanno in Germania a farsi di tutto a Berlino assieme a Iggy Pop, oltre che a partorire un capolavoro dietro l'altro, i Devo vengono contattati dal magico trio: Eno gli produce il primo album a sue spese, convinto che trovargli una casa discografica non sarà un problema; Bowie gli mixa l'album nel tempo libero, e Iggy Pop gli trova un contratto alla Warner.

Con queste lettere di presentazione, ci vuol poco a dire che il disco è eccezionale e sconvolgente, una perla di new wave originale e brutale nella sua idea de-evolutiva dell'essere umano e nelle sue ispirazioni pop: il titolo deriva da "L'isola del dottor Moreau" di Herbert George Wells, "are we not men?" ripetevano i mostruosi animali semiumani creati dal dottore pazzo, allo stesso modo in cui lo chiedono i personaggi deficienti dei Devo, simbolo della società americana depravata di fine anni settanta.

Ma stronzatelle intellettuali a parte, il disco regge? Regge, regge; regge e inquieta con il suo mix di elettronica, funk rock alla Talking Heads (ma con un drumming molto più sconvolto e involuto), influenze berlinesi (maddai?) e chitarre punk.

Se la cover di "Satisfaction" degli Stones è un vaffanculo sparato in faccia a nome di tutti quelli che considerano Jagger e Richards solo istituzioni grottesche, il resto del disco prosegue con un classico via l'altro: "Mongoloid" e "Jocko Homo", veri e propri inni alla de-evoluzione dell'americano medio; "Gut Feeling/Slap your mommy" e "Come back Jonee" seguono piste che già anticipano il college rock; "Shrivel Up" è Pere Ubu meets the Cars, l'orecchiabile strofa e il riff mediorientaleggiante e robotico di "Space Junk".

I Devo diverranno più sintetici e astratti nei dischi successivi, e finiranno per innamorarsi di se stessi e del proprio successo perdendo verve e guadagnando soldi. Qui sono ancora al loro top, istrionici e minacciosi profeti della de-evoluzione, quando denunciavano lo stesso degrado mentale di cui, qualche tempo dopo, saranno essi stessi vittima. Ma questa è un'altra storia.

- Red

(disco completo qui: https://www.youtube.com/playlist?list=PL8BB5C04D74E255C9)

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