giovedì 9 agosto 2018

Cream: "Wheels of Fire" (1968)

I Cream arrivano al loro terzo album reduci dei successi di critica e pubblico di "Fresh Cream" (1966) e "Disraeli Gears" (1967), nei quali prima coniano una rivoluzionaria forma di blues supersonico che è uno dei primi passi compiuti dal rock'n'roll verso l'hard rock moderno, e poi, anche influenzati da Beatles, Byrds e Hendrix, si spostano verso una personale forma di psichedelia sporcata di blues e occasionalmente folk.





"Wheels of Fire", doppio LP pubblicato nell'agosto del 1968, e terza opera del terzetto composto da tre dei più grandi musicisti emersi dalla scena del blues britannico, Jack Bruce (basso, prima voce), Eric Clapton (chitarra, seconda voce) e Ginger Baker (batteria), cerca di operare da fusione e sugello delle due opere precedenti, rappresentando probabilmente il culmine di una breve ma strepitosa carriera.

Il problema principale della band era la rivalità interna fra i membri, in particolare fra Bruce e Baker: a maggio del 1968 i tre avevano già deciso di sciogliersi, ufficializzando la decisione a luglio, pubblicando "Wheels of Fire" ad agosto e poi realizzando un album e un tour d'addio nell'autunno successivo. Ciò non impedì al terzetto, coadiuvato dall'ottimo produttore e 'quarto membro non ufficiale' Felix Pappalardi, che aveva già lavorato con loro su "Disraeli Gears", di continuare a produrre musica magistrale.

"Wheels of Fire" è diviso in due LP, di cui il più significativo è senza dubbio il primo. Partiamo quindi a parlare col secondo, che pure è quello che probabilmente diede loro maggiore fama, essendo stato scelto per immortalare per la prima volta su vinile le loro infuocate performance dal vivo. Dovendo però rappresentare democraticamente le tre teste di questo Cerbero musicale, l'LP finisce per dedicare ben 16 minuti all'assolo di batteria "Toad" e svariati minuti all'assolo di armonica di Bruce su "Traintime", rendendo discutibile un'intera facciata (su quattro) del nostro doppio.

Per fortuna sulle altre tre facciate c'è materiale a sufficienza per accontentare tutti: sul lato A del disco dal vivo troviamo infatti due classici del blues, "Crossroads" e soprattutto "Spoonful", illuminati da prove magistrali di Clapton alla chitarra. Sulla sola esecuzione di "Spoonful" si potrebbe scrivere un manuale di gusto, visionarietà e controllo della sei corde.

Veniamo quindi al primo LP, quello in studio, in cui Baker e Bruce, invece di guerreggiare con Clapton per avere più minutaggio per i propri momenti solisti, si dedicano a comporre brani di rock psichedelico intrigante, mostrandosi musicisti molto più interessanti in questo modo.

Favolose tre delle quattro composizioni di Bruce, tutte scritte con il contributo del poeta Pete Brown: "White Room" è un singolone psichedelico da paura, con l'impareggiabile Clapton che si esibisce allo wah-wah in una prova da cinque o sei strati di pelle d'oca; notevole il folk progressive di "As you said", perfetta la cavalcata di "Deserted Cities of the Heart", l'assolo di chitarra della quale si candida fra le favorite al titolo di migliore esecuzione di Eric Clapton in studio degli anni sessanta.

Delle tre composizioni di Baker, che le ricava a partire da idee musicali del pianista jazz Mike Taylor, è in particolare una ad emergere, l'intrigante, avvolgente "Passing the Time", anche se interessanti sono sia la bizzarra, perlopiù strumentale, "Pressed rat and warthog", e la variegata, incisiva "Those were the days", che sembra portare in nuce i futuri pezzi di Kerry Minnear dei Gentle Giant!

Due cover blues, "Sitting on top of the world" (Walter Vinson nell'arrangiamento di Howlin' Wolf) e "Born under a bad sign" (Albert King & Booker T), completano il disco dignitosamente senza aggiungere niente di clamoroso.

Nel complesso, "Wheels of Fire" resta un disco pazzesco che riassume il senso e il significato di questo terzetto di musicisti all'avanguardia del rock inglese degli anni sessanta: ma ci chiediamo come sarebbe stato se nel lato B del disco live ci avessero messo delle infuocate versioni dal vivo di questi ultimi due classici blues summenzionati. Resta comunque un manuale indispensabile di chitarra psichedelica e un appuntamento all'ascolto che nessun serio fan di Eric Clapton può mancare.

- Prog Fox

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