I
Cream arrivano al loro terzo album reduci dei successi di critica e
pubblico di "Fresh Cream" (1966) e "Disraeli Gears" (1967), nei quali
prima coniano una rivoluzionaria forma di blues supersonico che è uno
dei primi passi compiuti dal rock'n'roll verso l'hard rock moderno, e
poi, anche influenzati da Beatles, Byrds e Hendrix, si spostano verso
una personale forma di psichedelia sporcata di blues e occasionalmente
folk.
"Wheels of Fire", doppio LP pubblicato nell'agosto del
1968, e terza opera del terzetto composto da tre dei più grandi
musicisti emersi dalla scena del blues britannico, Jack Bruce (basso, prima voce), Eric Clapton (chitarra, seconda voce) e Ginger Baker
(batteria), cerca di operare da fusione e sugello delle due opere
precedenti, rappresentando probabilmente il culmine di una breve ma
strepitosa carriera.
Il problema principale della band era la
rivalità interna fra i membri, in particolare fra Bruce e Baker: a
maggio del 1968 i tre avevano già deciso di sciogliersi, ufficializzando
la decisione a luglio, pubblicando "Wheels of Fire" ad agosto e poi
realizzando un album e un tour d'addio nell'autunno successivo. Ciò non
impedì al terzetto, coadiuvato dall'ottimo produttore e 'quarto membro
non ufficiale' Felix Pappalardi, che aveva già lavorato con loro su
"Disraeli Gears", di continuare a produrre musica magistrale.
"Wheels of Fire" è diviso in due LP, di cui il più significativo è senza
dubbio il primo. Partiamo quindi a parlare col secondo, che pure è
quello che probabilmente diede loro maggiore fama, essendo stato scelto
per immortalare per la prima volta su vinile le loro infuocate
performance dal vivo. Dovendo però rappresentare democraticamente le tre
teste di questo Cerbero musicale, l'LP finisce per dedicare ben 16
minuti all'assolo di batteria "Toad" e svariati minuti all'assolo di
armonica di Bruce su "Traintime", rendendo discutibile un'intera
facciata (su quattro) del nostro doppio.
Per fortuna sulle
altre tre facciate c'è materiale a sufficienza per accontentare tutti:
sul lato A del disco dal vivo troviamo infatti due classici del blues,
"Crossroads" e soprattutto "Spoonful", illuminati da prove magistrali di
Clapton alla chitarra. Sulla sola esecuzione di "Spoonful" si potrebbe
scrivere un manuale di gusto, visionarietà e controllo della sei corde.
Veniamo quindi al primo LP, quello in studio, in cui Baker e Bruce,
invece di guerreggiare con Clapton per avere più minutaggio per i propri
momenti solisti, si dedicano a comporre brani di rock psichedelico
intrigante, mostrandosi musicisti molto più interessanti in questo modo.
Favolose tre delle quattro composizioni di Bruce, tutte scritte con il
contributo del poeta Pete Brown: "White Room" è un singolone
psichedelico da paura, con l'impareggiabile Clapton che si esibisce allo
wah-wah in una prova da cinque o sei strati di pelle d'oca; notevole il
folk progressive di "As you said", perfetta la cavalcata di "Deserted
Cities of the Heart", l'assolo di chitarra della quale si candida fra le
favorite al titolo di migliore esecuzione di Eric Clapton in studio
degli anni sessanta.
Delle tre composizioni di Baker, che le
ricava a partire da idee musicali del pianista jazz Mike Taylor, è in
particolare una ad emergere, l'intrigante, avvolgente "Passing the
Time", anche se interessanti sono sia la bizzarra, perlopiù strumentale,
"Pressed rat and warthog", e la variegata, incisiva "Those were the
days", che sembra portare in nuce i futuri pezzi di Kerry Minnear dei
Gentle Giant!
Due cover blues, "Sitting on top of the world"
(Walter Vinson nell'arrangiamento di Howlin' Wolf) e "Born under a bad
sign" (Albert King & Booker T), completano il disco dignitosamente
senza aggiungere niente di clamoroso.
Nel complesso, "Wheels of
Fire" resta un disco pazzesco che riassume il senso e il significato di
questo terzetto di musicisti all'avanguardia del rock inglese degli
anni sessanta: ma ci chiediamo come sarebbe stato se nel lato B del
disco live ci avessero messo delle infuocate versioni dal vivo di questi
ultimi due classici blues summenzionati. Resta comunque un manuale
indispensabile di chitarra psichedelica e un appuntamento all'ascolto
che nessun serio fan di Eric Clapton può mancare.
- Prog Fox
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