sabato 14 luglio 2018

Beastie Boys: "Hello Nasty" (1998)


Vent'anni fa oggi usciva "Hello Nasty", quinto album in studio dei Beastie Boys, ennesimo lavoro riuscito del trio di rapper bianchi.
La carriera dei Beastie Boys, cominciata ad inizio anni ‘80, ha avuto come filo conduttore l’ancoraggio all’hip hop old-school e rap mischiato a riff potenti, e soprattutto alla persistenza con cui queste componenti sono rimaste identiche in trent’anni. A causa di questa auto-imposizione la loro discografia andrebbe trattata come un unico firmamento le cui stelle vengono aggiunte, a cumuli, ad intervalli pluriennali, a creare un’unica grande opera, terminata in seguito alla morte di Adam Yauch nel 2012.

Nel 1998, abituati a un decennio in cui si vedeva prendere tutto quello che si poteva dagli anni ‘80, vengono a consegnarci un album pieno di riferimenti e citazioni.

In una frase, "Hello Nasty" sono le Torri Gemelle che cantano soul-funk-electro-rap, morituri te salutant. La perla “The Move” è una canzone che si sentirà per sempre e sarà più famosa dei suoi autori. Non perdiamoci però i giochi di ritmi in “Song for the Man”, “The Negotiation Limerick File” e “Body Movin’”.

“Intergalactic” e “And me” sono senza tempo e
allo stesso tempo incastonate in un angolo intimo della mente che richiama momenti precisissimi. Provate “Just a Test” in auto, e a non saltare seduti nel mentre.

Arriva qui un chiarissimo messaggio per il quale le contaminazioni elettroniche, i giochi sui beat asimmetrici, gli impulsi dance e gli accenni quasi latini sono stati fatti prima, da altri, e ancora prima da loro, e ancora prima da altri, e che va bene così. Nessuna morale per dei ragazzi che non crescono, non vivremo periodi rosa o di rassegnazione con i Beastie Boys, nessun intervallo di riflessione per far pace col mondo.
L’impeto dei 20 anni lo puoi vivere una volta, ma lo puoi continuare a raccontare e soprattutto sfidare un certo modo di intendere l’arte: controllato; di formazione; in definitiva borghese. Si celebra il passato in maniera non nostalgica ma epifanica.

Con un po’ di approfondimento le stelle apparentemente tutte uguali mostrano in realtà
identità diverse, ogni sorgere del Sole è uguale eppure diverso, e ogni lavoro pur con una costrizione e un rigore di fondo, limite e handicap, riesce a donare frutti intensi che sono quelli che provengono dalla fatica di non finire schiacciati (o legati) dal peso del mondo.

- Piro

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