Avete
mai notato come ogni tanto capiti di far passare per il proprio stereo
un cd lasciato riposto per anni a prendere polvere, spararlo nel lettore
con le casse a palla, ed esclamare “cazzo, questo suonerebbe come
fresco, originale e innovativo pure se uscisse oggi stesso nonostante
abbia i suoi anni sul groppone”, poi controlli la data di concepimento e realizzi che di anni ne sono già passati un bel po’. 20 per la precisione.
Il 30 giugno del 1998 vedeva la luce l’esordio omonimo dei System of a
Down. Bizzarri, stravaganti, eccentrici, strampalati, imprevedibili.
Eppure sono sempre piaciuti tanto. Lo testimoniano le folle oceaniche
che ancora accorrono alle loro esibizioni live nonostante la loro
attività creativa sia in fase criostatica da oltre una dozzina d’anni (e
a dirla tutta, le loro performance live attuali non siano proprio
all’altezza della loro reputazione).
Guidati da Serj Tankian
(libanese di etnia armena emigrato a Los Angeles in tenera età) e Daron
Malakian (figlio di immigrati persiani, anch’esso di etnia armena), i
quali misero in piedi il loro nuovo gruppo una volta naufragato il primo
progetto musicale del liceo, unirono le loro forze al bassista (nonché
personaggio poliedrico) Shavarsh “Shavo” Odadjian (si, americano di
passaporto ma armeno anche lui), già loro amico e compagno di scuola,
mentre alla batteria reclutarono tale Ontronik Khachaturian.
Fu con questa formazione che i System of a Down mossero i primi passi,
incidendo tre demo e facendo gavetta per tre anni nei locali di Los
Angeles, arrivando a salire sul palco anche dei famigerati
Whiskey-A-Go-Go (aggiungendo il proprio nome ai Van Halen, Guns’n’roses,
Motley Crue e agli altri vip che sono passati attraverso le esibizioni
live in questo storico locale per arrivare al successo) e Viper Room
(locale noto anche ai cinefili).
Quando la strada è ormai
spianata, il batterista Khachaturian si infortuna e viene rimpiazzato, a
prendere il suo posto è John Dolmayan, libanese armeno come Tankian.
Questo sarà il nucleo che il gruppo manterrà per i venturi vent’anni e
passa.
Nel frattempo, le loro esibizioni non sono sfuggite ai
timpani e alle pupille di Rick Rubin, che dopo l’ennesimo demo li mette
sotto contratto presso la sua American Recordings, e ne diviene il
produttore. Ora i tempi sono maturi per far conoscere i System of a Down
al di fuori di Los Angeles, facendoli esordire con il primo full lenght
che porta il loro nome. E a vent’anni di distanza, possiamo dire che il
loro esordio rappresenta uno degli apici di ciò che è riuscito a
produrre il metal contaminato. Nonché uno dei prototipi più originali e
riusciti.
Il loro crossover alternativo è forgiato attraverso
la fusione di riff di scuola thrash (a indirizzo slayerano), ritmiche
pendenti verso il crossover e/o hardcore manipolato con metallo pesante
(alla Biohazard, per intenderci), estrose e bislacche evoluzioni e
peripizie sonore (care a gruppi sui generis, Mr. Bungle, Primus,
Melvins, per citarne alcuni) ritornelli e cori d’indole punkettona i
quali hanno permesso al gruppo di rendersi molto appetibile per un’ampia
fetta di audience, un marasma sonoro condotto dall’istrionico frontman
Serj Tankian e la sua vasta gamma di tonalità e soluzioni vocali, scream
e growl (supportato a dovere da Malakian non solo nelle backing vocals
ma anche in sporadici duetti e alternanze). Per il singer dei SoaD vale
lo stesso discorso che si può applicare a Chino Moreno dei Deftones,
molti maestri di canto potrebbero aver da ridire sulle loro capacità e
doti vocali, ma in fondo, chissenefrega, le carenze vengono totalmente
compensate dalla loro tecnica personalizzata, siamo di fronte a cantanti
inconfondibili e inimitabili, dotati di un proprio stile fuori da
qualsiasi schema e stereotipo.
A livello testuale, il gruppo
propende molto verso la scia left right oriented di contestazione dei
Rage Against The Machine, criticando duramente le politiche capitaliste e
guerrafondaie, integralismo religioso, il consumismo e la violenza
nella società americana, il degrado sociale delle periferie (siamo nella
città degli angeli del resto…).
A lanciare il disco
provvedette "Sugar", pezzo accattivante e trascinante ad alta
concentrazione di groove, con un testo farsesco e allucinato che Tankian
interpreta a dovere modulando e cambiando il proprio registro un numero
esagerato di volte, se volete un esempio pratico di come riesca a
dilettarsi nella sua teatrale e cabarettistica verve interpretativa,
beh, esempio migliore non esiste.
Ma il grande capolavoro
dell’album è rappresentato da "Spiders", unico “lento” del disco, song
dal conturbante spleen, Malakian accantona i suoi poderosi riff per
dedicarsi ad avvolgenti arpeggi arcani alla Adam Jones, Tankian è
impegnato in una performance emotivamente molto intensa. Grandissimo
pezzo, che può tranquillamente aspirare a essere il migliore della loro
carriera.
Piuttosto anomala per quelli che sono gli standard
del gruppo anche "Mind", camaleontica nell’alternare atmosfere
conturbanti a detonazioni schizoidi, la più lunga del lotto, oltre sei
minuti, un’eternità considerando che la lunghezza media di una
composizione dei SoaD si attesta sui due minuti e mezzo / tre, e
talvolta siamo pure sotto i centoventi secondi.
In questo
omonimo full lenght possiamo trovare anche "War?", altro cavallo di
battaglia del quartetto losangelino, una mazzata in pieno viso di scuola
hardcore dotata di uno stravagante break e un refrain anthemico di
quelli che si fanno ricordare.
Il disco poi, nella sua varietà
compositiva delle singole composizioni, in fin dei conti altro non fa
che districarsi perlopiù attraverso bordate thrashcore (come il pezzo
appena citato) quali la fulminante opener "Suite-Pee", la seguente
"Know" (introdotta dai tom di Dolmayan, ottimo il suo contributo),
"Darts", "Soil" (tributo al monicker adottato nella prima incarnazione
di band messa in piedi da Tankian, Shavo e Malakian) e la roboante e
rabbiosa conclusiva "P.L.U.C.K." siglia che sta per "Politically Lying
Unholy Cowardly Killers", dedicata al secondo eccidio armeno risalente
all’inizio della prima guerra mondiale, ancora oggi negato dal governo
turco.
Ma non sono da tralasciare nemmeno "Suggestions",
dall’arpeggio iniziale dal sapore etnico, con un Tankian che non si
risparmia in quanto a bizzaria nelle sue soluzioni vocali, e non è da
meno nemmeno nella goliardica "DDevil" e nella stravaganza circense di
"Peephole", facendo compiere alla sua ugola pirotecniche e funamboliche
piroette e volteggi.
Questo è quanto, ascoltare per assimilare
questo viaggio nel grottesco tunnel dei System of a Down,
ringraziandoli per questo trip uditivo. E non manchiamo di ringraziare
anche la Rose & Alex Pilibos Armenian School, senza la quale non
sarebbe mai potuto avvenire l’incontro fra questi quattro pazzoidi.
- Supergiovane
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
ARTISTI IN ORDINE ALFABETICO: # -- A -- B -- C -- D -- E -- F -- G -- H -- I -- J -- K -- L -- M -- N -- ...
-
Nell'ottobre di quarant'anni fa viene pubblicato "Robinson - come salvarsi la vita", nono album del cantautore milanese ...
-
Il 23 gennaio del 1967 esce "Jacques Brel 67", il nono album del cantautore belga Jacques Brel. Brel entra nello studio Barclay di...
Nessun commento:
Posta un commento