Si tratta del disco in cui Gabriel trova compiutamente la propria voce da solo, pur se aiutato da musicisti del calibro di Robert Fripp, chitarra dei King Crimson, e Tony Levin, che dei Crimson diventerà bassista pochi anni dopo.
Nel 1977, il chitarrista inglese Robert Fripp inizia una proficua collaborazione assieme a Daryl Hall, membro del duo di blue eyed soul americano Hall & Oates, e a Peter Gabriel, ex-cantante dei Genesis che ha da poco iniziato una carriera solista. È Fripp la mente del progetto, che nei suoi disegni dovrebbe realizzare una trilogia di dischi strettamente connessi.
Purtroppo l'idea non riesce a realizzarsi nella maniera appropriata a causa delle difficoltà contrattuali dovute alle diverse case discografiche a cui sono legati i vari musicisti coinvolti. Alla fine, i tre artisti incidono ciascuno un album singolo, tutti e tre eccezionali, ma quello di Hall nemmeno viene pubblicato. Il fato migliore arride a Peter Gabriel, che pubblica un secondo disco anonimo (come il suo primo), che viene conosciuto come "Peter Gabriel II" oppure "Scratch". Fato migliore non solo per il risultato commerciale, ma anche per la qualità effettiva del prodotto.
Siamo ancora dalle parti del progressive rock anni settanta, nonostante un approccio più diretto e moderno dovuto alle influenze che anche su questo genere ha portato la rivoluzione punk e new wave. La strada è segnata non tanto da ciò che hanno fatto Ramones o Sex Pistols, quanto Peter Hammill, David Bowie, Iggy Pop e i Talking Heads. Ma naturalmente un personaggio di primo piano come Peter Gabriel è protagonista col proprio tocco e non disprezza la propria eredità e le proprie qualità narrative. Con lui alle chitarre sono il già citato Fripp e Sid McGinnis, il bassista Tony Levin (già con Lou Reed e futuro King Crimson), il batterista Jerry Marotta, il tastierista Larry Fast e il pianista della E-Street Band, Roy Bittan, impegnato nello stesso momento a incidere "Darkness on the Edge of Town" con Bruce Springsteen.
La maggior parte dei brani sono più vicini alla sensibilità prog del Gabriel passato: a partire da "D.I.Y.", che nella sua articolazione allo stesso tempo ha echi di Genesis passati (è un complimento alla elaborata strofa) e anticipa quelli futuri degli anni '80 (non è un complimento allo stolido ritornello); "A wonderful day in a one way world", più equilibrata, che presenta anche influenze reggae (molto presenti in quegli anni vista la fama raggiunta da Bob Marley); "White Shadow", che è praticamente prog rock pinkfloydiano, con un incisivo solo di Fripp; la briosa "Animal Magic", nella quale si percepisce chiaramente il tempo passato da Gabriel con Daryl Hall.
Ma ci sono anche i momenti più riflessivi come "Mother of Violence", col suo ritornello strappacuore ("fear, she's the mother of violence") e la straziante "Indigo", con George Margo ai flauti dolci; o il conclusivo lento finale "Home sweet home".
Infine abbiamo brani più aggressivi e ideologicamente in linea con il periodo: soprattutto quel capolavoro furioso di "On the air", violenta, devastante e illuminata dalle chitarre di Fripp e McGinnis e dalla strepitosa sezione ritmica di Levin e Marotta, probabilmente il punto più alto del disco; mentre meno interessanti sono gli inquietanti, ossessivi, minacciosi tempi medi di "Exposure" e il quasi rock and roll di "Perspective".
In buona sostanza, con Robert Fripp in cabina di regia, Gabriel incide un disco che costituisce un ponte fra il post-prog proto-new wave dei Van der Graff secondo periodo e quello tecnocratico e post-new wave dei King Crimson di "Discipline". "Scratch" è forse l'album più significativo della interrotta trilogia, e probabilmente uno dei più stimolanti della carriera dell'ex-Genesis, specialmente per i suoi fan che non hanno digerito la svolta synth-elettronica degli anni '80.
- Prog Fox
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