Il 2 giugno di quarant'anni fa usciva "Darkness on the Edge of Town",
uno dei migliori dischi del Boss e degno erede di "Born to Run", l'album
che tre anni prima lo aveva consacrato come il più grande rocker
americano degli anni settanta.
Nel
1975 Springsteen conquista l'America con "Born to Run". Il successo
però ha una conseguenza inaspettata: la rottura col manager Mike Appel,
che verrà sostituito permanentemente dal critico musicale Jon Landau. Le
vicende legali terranno Bruce lontano dagli studi di registrazione fino
al novembre del 1977, quando iniziano i lavori di registrazione del suo nuovo progetto, "Darkness on the Edge of Town".
Abbandonato il suono basato sulla sezione fiati, l'uso dei sessionmen e
- in parte - i toni epici, Springsteen ripiega su atmosfere più cupe e
su un suono maggiormente elettrico, con una nuova enfasi sul suo stile
rozzo ma efficace alla chitarra e la presenza fissa della seconda
chitarra di Steven Van Zandt nella formazione (assestatasi sulla doppia
tastiera di Roy Bittan e Danny Federici, sul sax di Clarence Clemons,
sul basso di Garry Tallent e sulla batteria di Max Weinberg).
L'influenza del punk e la richiesta di una maggiore immediatezza e di
una maggiore rabbia si fanno sentire anche dalle parti del New Jersey.
Springsteen vuole dare una completa unitarietà al progetto, e quindi
sceglie fra la settantina delle canzoni scritte nei tre anni dal '75 al
'78 solo dieci tracce; le altre verranno riutilizzate nei dischi
successivi, da "The River" (1980) a "Born in the USA" (1984) oppure
regalate agli amici ("Because the night" verrà riscritta con Patti
Smith, per esempio).
"Badlands" apre il disco con un altro
capolavoro epico del Boss: la composizione ha ancora i toni di "Born to
Run", ma al posto della sezione fiati c'è la chitarra grezza di
Springsteen; ma già con "Adam raised a Cain" e "Something in the Night" i
toni si fanno molto più duri e cupi, con quest'ultima gemma dolorosa a
illuminare tutta la facciata A. "Candy's Room" vede ancora la chitarra
lancinante di Springsteen a fare esplodere un brano dal crescendo
guidato dalla batteria di Weinberg e dal glockenspiel di Federici.
L'epos di "Born to Run" rivede la luce nel pezzo che conclude il lato
A, "Racing in the Street", ma i toni questa volta sono dolenti e
dimessi, gli arrangiamenti più scarni, la voce strascicata di
Springsteen non ha niente di trionfale, la speranza di tre anni prima è
dissolta. Non è giusto recensire tutto in disco in controluce rispetto a
"Born to Run", ma il rapporto fra i due album è incontrovertibile,
simile a quanto avviene ad altre coppie di grandi album come "The Dark
Side of the Moon" e "Wish you were here" dei Pink Floyd, o "Revolver" e
"Sgt. Pepper's" dei Beatles, o "Achtung Baby" e "Zooropa" degli U2.
Il lato B inizia con uno dei pochi pezzi sereni e relativamente
ottimisti del disco, "The Promised Land", in cui il protagonista della
canzone ancora mostra di credere nella 'terra promessa', nel sogno
americano; e non a caso si tratta di uno dei pezzi più simili a quelli
del precedente "Born to Run".
Le successive canzoni del lato B
spiccano tutte: "Prove it all night", canzone d'amore vigorosa e
appassionata che rappresenta il culmine del romanticismo americano
nell'era della crisi di fine anni settanta, assolo di chitarra
torcibudella incluso; "Factory", meravigliosa working song da blue
collar rock, versione urbana e industriale del folk rurale di Woody
Guthrie e Pete Seeger; la quasi liturgica "Streets of Fire", dall'organo
r&b e dalla voce torturata del leader; mentre la conclusiva
"Darkness on the Edge of Town" risulta meno convincente e più corriva,
più usuale e già sentita, troppo 'springsteeniana' - ma questa può
essere una perversione del vostro umile recensore, dato che si tratta di
una delle canzoni più spesso suonate in concerto dal Boss e di una
delle più apprezzate dal pubblico.
Così, possiamo davvero
concludere dicendo che "Darkness on the Edge of Town" è uno dei migliori
album di Bruce Springsteen; musicalmente è stato ottenuto ripulendo
"Born to Run" dei suoi arrangiamenti più complessi e bombastici,
ispirandosi al punk rock e alla ricerca di una maggiore spontaneità che
Springsteen e la E-Street Band vedevano attorno a loro.
Il
prossimo passo del Boss sarà di realizzare una summa di tutte le proprie
influenze e di tutti i propri risultati nel mastodontico "The River",
prima di passare a un mondo musicale, quello degli anni ottanta, del
tutto nuovo.
- Prog Fox
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