Il 15 giugno del 1979 esce "PXR5", all'epoca penultimo disco degli Hawkwind... Come? Penultimo? Ultimo, direte voi. E invece no: era il penultimo. Perché "PXR5" era infatti stato completato un anno prima, dalla formazione degli Hawkwind del 1978, formata oltre che dai veterani Dave Brock (voce, chitarra) e Simon King (batteria) anche da Robert Calvert (voce), Simon House (tastiere, violino) e Adrian Shaw (basso). Durante un tour nordamericano a marzo del 1978, però, Simon House scappò con David Bowie lasciando la band, stanco delle crescenti stranezze di Calvert - bipolare e drogato - e il gruppo cascò a pezzi.
In effetti, solo sei dei brani erano stati incisi nelle sedute di registrazione del gennaio 1978, alcuni utilizzando una traccia base tratta da concerti del 1977; a questi si aggiunge poi un pezzo (con coda strumentale) inciso dai soli Brock e King a giugno appunto, quando il futuro degli Hawkwind era incerto assai.
Col ritorno di Calvert subito dopo queste incisioni, gli Hawkwind si riformarono, ma per beghe contrattuali utilizzarono il nome "Hawlords" per il loro nuovo album, "25 years on", che fu pubblicato a ottobre del 1978 e quindi era l'ultimo eppure penultimo LP della formazione, mentre "PXR5" era il penultimo eppure l'ultimo...
Dopo tutta questa noiosissima storia, veniamo alla musica: "PXR5" soffre del fatto che sia stato inciso in un momento di caos e che sia stato di fatto completato mettendo insieme spizzichi e bocconi poco sviluppati.
Tre canzoni delle otto che compongono l'album sono comunque sensazionali; "Death Trap" e "High Rise" vanno di diritto nel canone del gruppo: la prima è una delle cose più new wave e aggressive mai disegnate dalla band, con una ritmica selvaggia della chitarra di Brock, la voce isterica di Calvert e la batteria implacabile di King che non delude mai; la seconda è uno space rock solenne e psicotico, dall'andamento marziale e grandioso, in cui tutta la band da il meglio di sé, dal basso liquido di Shaw ai fill di batteria di King, dal violino di House al semplice, lancinante solo di Brock, alla voce e al testo di Calvert ispirati all'omonimo romanzo di James Graham Ballard (da noi tradotto come "Condominium", Feltrinelli, o "Il condominio", Urania). Lievemente inferiore la scanzonata strizzata d'occhio di "Jack of Shadows", personaggio dell'omonimo romanzo di Roger Zelazny.
Il quarto dei pezzi scritti appositamente per il disco, "PXR5", è discreto ma non eccezionale come gli altri tre, mentre "Robot" cerca, dignitosamente ma niente più, di replicare le atmosfere di pezzi di album precedenti come "Hassan i-Sabbah" o "Steppenwolf".
I problemi maggiori vengono con quelli che già abbiamo chiamato scartini: "Uncle Sam's on Mars" è Calvert che sovraincide la sua voce su sei minuti di improvvisazione live in stile krautrock, con risultati abbastanza tediosi; e anche "Infinity" è un brano mediocre, laddove la sua coda "Life form" serve solo ad allungare il numero di canzoni del disco.
Nel complesso, "PXR5" è un disco quasi solo per completisti e fan esagerati degli Hawkwind come il sottoscritto: grazie alle moderne tecnologie, per tutti gli altri vale la pena solo di scaricare sul proprio lettore mp3 "High Rise" e "Death Trap", se in più siete amanti della psichedelia o del prog aggiungeteci "Jack of Shadows".
PS: la copertina originale fu censurata perché mostrava una messa a terra sbagliata, cosa che all'epoca poteva causare la morte di chi l'avesse collegata in quella maniera...
- Prog Fox
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