martedì 12 giugno 2018

Contortions/Teenage Jesus/Mars/DNA: "No New York" (1978)

Nella primavera di quarant'anni fa viene inciso "No New York", manifesto della no wave, breve sottogenere violentissimo e dissonante della new wave di quegli anni.

Rifiutando qualsiasi commercializzazione del punk e della new wave, quattro gruppi, Teenage Jesus & the Jerks, Mars, DNA e Contortions, vanno in studio con il geniale Brian Eno e realizzano un LP in cui a ognuno spetta mezza facciata. "No New York" lancia la carriera di artisti come James Chance Official, Lydia Lunch Retrovirus e Arto Lindsay, ed è uno dei dischi più inascoltabili di sempre.

Un merito? Una colpa? Provocatori intellettualoidi o esploratori delle estremità più lontane del noise rock?


Verso la fine degli anni '70 a New York emerse una nuova corrente all'interno della già nuova new wave: la no wave. Uno degli elementi base della no wave era quello di reagire di fronte alla crescente commercializzazione di punk e new wave. Il nome no wave era quindi usato sia in opposizione a new wave, sia a indicare la visione del mondo fortemente nichilista dei suoi esponenti.

La no wave è sicuramente uno dei generi del rock più difficili e ostici da ascoltare: dominato da suoni abrasivi e violenti, caratterizzato da rumorismo, urla, distorsione, ha in comune tanto col punk quanto con i più avanguardisti esponenti del rock psichedelico e post-psichedelico quali Captain Beefheart, Frank Zappa, Residents, Red Krayola, con i gruppi prog del Rock in Opposition europeo, ma anche con alcuni new wavers particolarmente virulenti come i Pere Ubu. E naturalmente anche con Brian Eno, che da luminare qual era raccolse quattro dei migliori gruppi del genere per incidere mezza facciata di un LP ognuno per scolpire questo breve istante di oscura luminosità su vinile.

Ad aprire le danze sono i Contortions, guidati dal cantante e sassofonista James Chance, che disegnano una serie di brani fra i migliori dell'album, intrisi di violenza punk, noise saxistico e perfezionati dalla voce strepitosa di Chance. "Dish it out" e "Flip your face" (con il fantastico chitarrista Jody Harris che suona quasi come un gemello malvagio di Adrian Belew; negli anni successivi Harris avrà una strepitosa carriera di culto nell'underground, come solista, membro dei Golden Palominos e musicista di studio) sono pezzi sbalorditivi - alla loro maniera, naturalmente.

I Teenage Jesus & the Jerks sono invece guidati dalla chitarrista e cantante Lydia Lunch, anch'essa favolosa interprete post punk che inizia qui la sua gloriosa carriera. I brani sono di fatto due, anche se ognuno dotato di una introduzione: "Burning Rubber" e "The Closet", tra noise e gotico, sono caratterizzate dalla chitarra iperdistorta della Lunch; "Red Alert" e "I woke up dreaming" sono angoscia pura, che in certi momenti distilla genio ma in altri forse non risulta del tutto centrato (ammesso che in una musica del genere questo possa importare).

I Mars si riallacciano più degli altri alla tradizione dissonante degli anni sessanta, in particolare Red Krayola e Godz ("Hairwaves" sembra un pezzo di "The Godz II"). I livelli di violenza uditiva raggiungono il culmine nella successiva "Tunnel", probabilmente uno dei pezzi più sgradevoli e fastidiosi che il vostro recensore abbia mai sentito (e no, non vuole essere un complimento). I Mars possono veramente mettere alla prova anche l'ascoltatore più resistente e preparato (e no, non vuole essere un complimento, anche se indubbiamente in brani come "Helen Fordsdale" e "Puerto Rican Ghost" si vede come dietro alla sgradevolezza ci sia anche più di qualcosa di musicalmente interessante).

Infine, i DNA del chitarrista Arto Lindsay e del tastierista Robin Crutchfield: "Egomaniac's Kiss" è una introduzione in chiave new wave blues rock, non particolarmente interessante né in confronto agli altri gruppi né in confronto al resto del mondo del rock: meglio la seguente "Lionel", in cui la chitarra di Lindsay segue percorsi davvero insidiosi e brutali, anche se un po' privi di direzione. La crescita di Lindsay però continua su "Not Moving", con una strofa quasi ascoltabile (o almeno lo sembra, dopo più di mezzora di rumori). "Size" (strumentalmente perfetta, anche se avremmo fatto a meno delle liriche sgraziate) conclude l'album dimostrandoci come Lindsay e soci siano brutti, sporchi e cattivi come gli altri.

Rimane la domanda se e dove questi suoni e queste urla finiscano di essere musica e diventino solo pretesa sterile, intellettualoide e fine a se stessa. Se per i Contortions e i Teenage Jesus siamo convinti che la risposta sia positiva e il nostro giudizio è di apprezzamento, i DNA sono proprio al limite fra i due mondi, mentre i Mars forse lo superano proprio del tutto.

La no wave ebbe grande influenza sul noise rock del decennio successivo, su band come Swans e Sonic Youth, e lanciò la carriera di musicisti quali Lydia Lunch e Arto Lindsay. La testimonianza grandiosa di questo disco resta un guanto di sfida gettato al mondo, di valore immenso (e immutato) oggi come allora.

- Prog Fox

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