sabato 28 aprile 2018

Nile: "Amongst the Catacombs of Nephren-Ka" (1998)

Dopo cinque anni passati a sguazzare nell’underground, i death metaller americani Nile pubblicano il 28 aprile del 1998 il loro primo full lenght, intitolato "Amongst the Catacombs of Nephren-Ka". Il monicker adottato dalla band e il titolo del lavoro d’esordio sono sufficienti come biglietto da visita: l’iconografia del gruppo è interamente basata sul folklore mistico dell’antico Egitto abbinato all’oscura mitologia partorita dalla mente di H.P. Lovecraft (in particolare al ciclo di Cthulhu, da cui viene estrapolata la figura di Nephren-Ka).



Musicalmente, il gruppo abbina un death metal tiratissimo e feroce (sulla linea di confine con il brutal) alle atmosfere ancestrali evocate dall’immaginario di Lovecraft e dalle occulte leggende egizie.

Sovente, per rendere le proprie sonorità maggiormente evocative, il gruppo fin dagli esordi ricorre all’utilizzo di strumenti anticonvenzionali tipici della cultura orientale, quali il divan saz, l’arghul, il damaru, il baglama, cori e tamburi tibetani più un’ampia selezione di flauti e gong. Una formula estremamente originale che negli anni ha consacrato i Nile come leader della scena mondiale e autori di un death metal ancestrale e demoniaco senza eguali, alla pari di Morbid Angel e Behemoth.

Non a caso, Karl Sanders, leader e fondatore del gruppo, cominciò la propria carriera proprio come roadie dei Morbid Angel, il gruppo a cui più fortemente si ispira, estremizzando i tempi e tecnica chitarristica fatta di tortuosi riff spaccaossa a base di sweep picking a raffica, uso e abuso della wham bar e assoli fulminanti; a questo si unisce la customizazione dell’aspetto sinfonico e delle tematiche rappresentative. Insomma, un bagaglio tecnico, esecutivo e compositivo di tutto rispetto, che nel giro di alcuni anni verrà ulteriormente migliorato.

Ottimi pezzi come "The Howling of the Jinn", "Serpent Headed Mask" e l’opener "Smashing the Antiu" sono un esempio delle capacità distruttive del gruppo. Il piccolo gioiellino del disco però risiede in "Ramses Bringer of War", in cui un maestoso intro mediorientalegiziante anticipa un pezzo dai continui cambi di tempo articolato in modo egregio - siamo sulle orme di "Invocation of Perpetual One" dei Morbid Angel, uno dei più riusciti pezzi death dell’anno.

"Stones of Sorrow" si distingue come granitico mid tempo schiacciasassi, dove risalta soprattutto l’effetto malignamente evocativo che questa composizione sprigiona. La distorsione ribassata della chitarra e i catacombali growl (in cui i membri si alternano) contribuiscono a rendere il tutto adeguatamente arcano e occulto.

Una menzione per i testi. Dunque, premettiamo che nel death metal vige una regola imprescindibile: per quanto tempo tu possa ingegnarti per comporre testi complessi e degni d’interesse, sarà tutto tempo perso, a nessuno fregherà un cazzo, perché nessuno capirà una sillaba di quello che uscirà dalla tua bocca. E’ vero, questo accade, ma rendiamo almeno merito a Sanders di essersi messo d’impegno documentandosi sulle antiche leggende e mitologie egizie e mesopotamiche e aver tradotto alcuni testi dall’inglese alle lingue morte dell’epoca.

Esordio di gran spessore, questo "Amongst the Catacombs of Nephren-Ka", prodotto da una delle band death più personali e originali del genere. Egyptian brutal? Oriental death? Technical folk? Naaa, chiamiamolo solamente Nile style.

- Supergiovane

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