domenica 1 aprile 2018

Arch Enemy: "Stigmata" (1998)

Il 1° aprile di vent'anni fa viene pubblicato "Stigmata", secondo album degli svedesi Arch Enemy, uno dei grandi classici del metal svedese, assolutamente consigliato a tutti gli amanti del melodic death metal - e non solo.



Oggi come oggi, gli Arch Enemy​ sono fra i leader mondiali in campo metal, indiscutibilmente uno dei gruppi che vende di più e che richiama più gente ai propri concerti. Il loro curriculum nel corso degli anni è arrivato a vantare undici album da studio più svariati live, dvd, singoli e raccolte.

Possono inoltre vantare fra le proprie fila musicisti del calibro di Michael Amott​, leader e fondatore, Sharlee D’Angelo (bassista ex King Diamond fra gli altri) e Daniel Erlandsson​ (batterista fratello del più noto Adrian Erlandsson, a drummer.​, ex degli At The Gates e Cradle of Filth), fra i membri di lunga data; nientepocodimenoche Jeff Loomis​ come secondo chitarrista; e la ex cantante (gnocchissima) dei The Agonist​, Alissa White-Gluz - Official Page​ fra gli ultimi arrivati. Un sodalizio fra Svezia – U.S.A. – Canada assolutamente vincente.

Ora, tralasciamo di parlare dei discussi album dell’epoca post nineties, ottimi prodotti plastificati per l’uso di massa, belli (neanche tanto, poi) ma senz’anima, e andiamo a ripescare "Stigmata", loro secondo lavoro, datato 1998, quando gli Arch Enemy erano un’altra cosa rispetto a come li conosciamo adesso.

"Stigmata" segue il discreto "Black Earth", esordio pubblicato da Amott e soci poco tempo dopo il suo split dai Carcass​ e relativo scioglimento del gruppo. Stilisticamente, si segue la stessa direzione intrapresa con l’esordio, un mix di swedish death ruvido e aggressivo sullo stile dei primi Entombed, Dismember o Carnage e il death melodico di scuola Goteborghiana, quindi pesantemente influenzato anche dal metal classico britannico, in primis dagli Iron Maiden.

Quanto di positivo mostrato all’esordio, viene riproposto nettamente migliorato sotto tutti gli aspetti; e se in precedenza i pezzi erano stati composti pressoché dal solo Michael Amott, adesso si può davvero parlare di un lavoro di proprietà intellettuale degli Arch Enemy e non più dell’Amott solista.

Amott è ben supportato dal co-chitarrista, il fratello Christopher, dall’animalesco cantante Johan Liiva (ex Carnage) e dai nuovi innesti, il bassista Martin Bengtsson e il fenomenale drummer Peter Wildoer​ (successivamente colonna portante dei Darkane​ e membro dei progetti da solista di James Labrie​), all’epoca agli esordi.

"Stigmata" presenta una sequenza di pezzi di ottimo livello, bilanciati fra aggressività e melodia, fra cui svetta la devastante opener "Beast of Man", pezzo in cui i fondamentali della scuola thrash americana slayerana e della scuola melodic death svedese collidono, e "Diva Satanica", uno dei loro cavalli di battaglia, una detonazione esplosiva miscelata della melodia malata dei Carcass e dalla melodia elagiaca degli In Flames.

Vale la pena menzionare anche l’up-tempo di "Let The Killing Begin", dove i fratelli Amott danno sfoggio di perfetta sinergia unita da un gusto compositivo di tutto rispetto, le poderose "Sinister Mephisto" e "Tears of the Dead", e soprattutto la conclusiva "Bridge of Destiny", quasi otto minuti giocati su ritmi cadenzati resi memorabili grazie alla sequenza di assoli finali di Amott, qui all’apice assoluto della sua encomiabile carriera.

In definitiva, "Stigmata" è (assieme al seguente "Burning Bridges") il meglio che gli Arch Enemy abbiano potuto offrire in oltre vent’anni di carriera e, a dirla tutta, uno dei lavori più riusciti che siano usciti dai confini svedesi negli anni novanta in ambito metal.

- Supergiovane

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