(il disco completo si trova qui: https://www.youtube.com/
Nella seconda metà degli anni ’80 i Talking Heads sono una band un po’ stanca.
Dopo aver fondato il suono della New Wave americana con almeno 3 o 4 album seminali, il quartetto si avvia ad una maturità meno sperimentale, almeno dal lato musicale. Inoltre, tra i 4 newyorkesi è svanita quella tensione che traspariva così profondamente da album come “Fear of Music” e “Remain in light”, le cui sperimentazioni erano sempre accompagnate da atmosfere, suoni e melodie
tiratissime e tutt’altro che rilassanti: Byrne e soci, si può dire, hanno esaurito quello che avevano da dire insieme. Non è un caso che dall’86 in avanti fioriranno i side projects che coinvolgono vari elementi della band, il cui esempio più notevole è rappresentato dai Tom Tom Club (se si esclude il Byrne solista, ovviamente).
Il preambolo anticipa al lettore che “Naked”, ultimo album uscito a nome Talking Heads, non è un disco particolarmente brillante, specie se comparato al resto della produzione della band. Ovviamente ci sono brani notevoli: il singolo “(Nothing but) flowers” è un brano di eccellente world music pop, catchy il giusto (e impreziosito dalla chitarra di Johnny “Smith” Marr), appena superiore al brano gemello “Totally nude”; “Blind” è puro TH-sound, con i ritmi funk ballonzolanti e i fiati in bella vista, e “The democratic circus” è una ballad intelligente e coinvolgente nel suo crescendo angosciante.
Quando però buona parte dei filler è una semplice riedizione dei suoni Dark/Wave in voga un lustro prima (“The facts of life”, “Big Daddy” su tutte), la
sensazione che il disco sia inferiore è più che giustificata.
Il cantato alieno di Byrne e i suoi testi visionari non bastano a salvare la baracca, per quanto l’intelligenza del frontman emerga fortemente anche qui; la presenza di musicisti di livello internazionale non risolve le carenze d’ispirazione nella scrittura di questo disco, anche se di certo ne attenua l’impatto rendendo “Naked” un disco per larghi tratti piacevole all’ascolto e potenziando l’effetto dei testi, sempre arguti.
I dischi dei Talking Heads propriamente detti, tuttavia, lasciano un retrogusto diverso dopo essere stati gustati.
- Spartaco Ughi
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